Mombu + Deflore
15.03.2013
Band:
Mombu
Deflore
Luogo dell'Evento:
INIT.
Città:
Roma
Promoter:
Subsound Records .
INIT.
Autore:
Moro Mou»
Visualizzazioni:
2565
Live Report
Giungo alle porte dell’INIT di Roma già accusando un forte senso di colpa per il ritardo alla serata Mombu-Deflore da me molto attesa, quando scopro che per fortuna deve ancora avere inizio.
L’etichetta Subsound Records di Roma gioca in casa, organizzando un live nel quale sono presenti due bands delle sue scuderie, autoctone entrambe: i già avviati Deflore, col loro electro-industrial, ospiti d’apertura ai Mombu, dei quali si lancia l’ultima fatica, “Niger”.
I primi mi erano ben noti per la recensione redatta per MetalWave di “2 Degrees of Separation” (2010) - aspettavo con ansia l’occasione di sentirli live - mentre mi erano del tutto ignoti i Mombu.
Il live inizia quasi due ore dopo l’orario schedulato, in un locale non certo stracolmo. Guadagna il palco in penombra il duo Deflore, composto da Christian Ceccarelli e Emiliano Di Ludovico, con un’ouverture da subito ipnotica e incalzante, esibendosi in brani tratti sia dal disco del 2010 sopracitato che da “Human Indu[b]strial” (2004) ed “Egodrive” (2008):
Home
Signal
Argento 930
Emostatico
Avida Dollars
Trilogy of Gas
La performance dei Deflore è potente, magnetica, intensa. Messa da parte quella che qualcuno chiama “l’artigianalità della musica”, è facile notare quanto la composizione si basi quasi interamente su sintetizzatori, campionamenti e samples, mentre i due musicisti imbracciano chitarra e basso. Il loro stile è sintetico, artificiale, un electro-quasi-industrial carico di espressività, cinematografico e psichedelico, talvolta violento. Tuttavia non mi basta per spiegare tutta l’energia con cui la strumentazione viene suonata. Insomma le movenze con enfasi teatrale mi lasciano un po’ perplessa...
Per circa 20 minuti il semivuoto del locale incassa quest’urto musicale; segue una doverosa pausa prima dei Mombu.
Chi non li conosce ancora sappia che questo progetto è difficile e ambizioso: pretende e ottiene attenzione non appena parte l’attacco di batteria. Mi ci vuole qualche minuto per capire bene di cosa si tratta, di quale sperimentalismo stiano parlando quella batteria e quel sax baritono... Be’ accade che mi ritrovo in breve sorpresa, frastornata, aggredita e inebriata allo stesso tempo dalla verve dei Mombu. Il sound è potente, ancestrale, aggressivo, ma rischio un brusco calo di attenzione nell’ascolto dei brani, che distinguo a mala pena fra loro, ossessivi e monotoni come sono. Da “Niger” a “667 a Step Haed of the Devil”, a “Stutterer Ancestor”, ogni traccia sembra lava incandescente, rituale voodoo, brodo primordiale che ribolle, che riporta alla luce ere geologiche lontane fino all’alba del mondo.
Eppure temo che il progetto Mombu dal vivo perda un po’ la capacità di farsi ascoltare, disperdendosi in una monolitico agglomerato di note, interpretate in un unico reiterato modo, che spicca più per il granitico impatto sonoro che per la sua orecchiabilità. Il risultato è affidato all’istintualità, nella quale la ‘jazzistica’ composizione sembra restare inchiodata alla sola ricerca dell’impatto, risultando a lungo andare granitica e ridondante.
Naturalmente la matrice stilistica del progetto Mombu è facile da rintracciare: il sax baritono è quello degli Zu, dalle cui fila proviene appunto Luca T. Mai, mentre la batteria è affidata a Antonio Zitarelli dei Neo. Entrambe illustri provenienze, nelle quali sono a suo tempo convenute influenze diverse all’insegna di un notevole speriementalismo. I Mombu possono dirsi quindi una costola degli Zu, che scelgono di calcare la mano sull’aggressività del sound, che riducono la strumentazione a soli due elementi ed eleggono a patria natìa l’Africa per quanto riguarda l’ispirazione.
Lascio l’Init dopo circa due ore, durante le quali la platea si è assottigliata sempre più, complice forse anche la violenta sferzata dell’uragano Mombu.
Dall’Africa mitica, nera come il buio della sala da cui riemergo, mi ritrovo nel presente di una Capitale fin troppo reale... E capisco che, nel bene e nel male, certe serate le ricorderò sempre.
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Recensione di Moro Mou Articolo letto 2565 volte.
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