Atlantean Kodex «The White Goddess» [2013]
Recensione
Con diversa attività alle spalle, musicalmente già compiuta, i tedeschi Atlantean Codex presentano questo secondo full lenght dal titolo “The White Goddess” con sonorità che spaziano tra l’epic, l’heavy metal e il doom e che con i lunghi brani realizzati riescono a non rendersi quasi mai monotoni contrariamente a quanto ci si possa aspettare; in realtà, ogni brano complessivamente appare abbastanza ricco di dinamismo che, tutto sommato, dà al lavoro la giusta spinta per apprezzarne e comprenderne le doti sino in fondo. Lo stile della band sostanzialmente si caratterizza, nella propria individualità, a comprendere in se stessa tutt’ un insieme di influenze che tendono a ratificarne l’operato distinguendola, contemporaneamente dal generico; detta situazione si concretizza sia nel sound in generale che nei brani ma anche nelle parti dove compaiono i corali e in tutti quei tratti armonici che riescono a trasmettere all’ascoltatore un insieme di sensazioni che, a tratti, vanno al là dello spazio e del tempo. L’ascolto inizia con il primo brano “Trumpetts of Doggerland” che, con una sorta di inno dai tratti e dalle sonorità caratteristiche dell’ epic Metal, fa da apripista al secondo brano “Sol Invictus” brano questi di oltre dieci minuti di ascolto, ricco di accattivanti parti melodiche e di riff eseguiti con corretta magnificenza; anche la parte cantata appare ottimamente calata nel ruolo al punto da elevare ed aumentare continuamente il valore delle parti ritmiche. Il terzo brano “Bilwis” è una sorta di intermezzo acustico mentre il successivo, “Heresiarch”, uno tra i migliori del disco, per le andature successive alla parte iniziale, ricorda, in alcuni passi, inclusa anche la parte canora, addirittura i Manowar; “Twelve Stars and an Azure Gown” parte con un motivo distorto molto orecchiabile ma nello stesso tempo malinconico, alternato ad un cantato e ad una parte narrata con effetti; il brano nella seconda parte dell’ascolto cambia ritmica e propone un buon Heavy Metal; si prosegue l’ascolto con “Der Untergang der Stadt Passau”, brano acustico inebriato da un temporale ed un cantato corale lontano che anticipa il successivo “Enthroned in Clouds and Fire” un metal ben concepito in maniera semplice e coerente in grado di non annoiare l’ascoltatore; conclude il disco “White Goddess Unveiled” altro lungo brano di oltre undici minuti che offre tutto lo stile personale della band nella sua completezza ed univocità con i repentini cambiamenti di ritmica e le continue melodie offerte che ne fanno apprezzare il risultato grazie anche alla bellissima chiusura offerta in pianoforte. Il lavoro, anche se necessita di diversi ascolti per comprenderne ed apprezzarne appieno il significato e la tecnica, riconosce che questa band il pregio di aver realizzato un buon disco che posso tranquillamente consigliare agli amanti di questo genere.
Track by Track
- Trumpetts of Doggerland 75
- Sol Invictus 80
- Bilwis 75
- Heresiarch 80
- Twelve Stars and an Azure Gown 75
- Der Untergang der Stadt Passau 75
- Enthroned in Clouds and Fire 75
- White Goddess Unveiled 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 80
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
77Recensione di Wolverine pubblicata il 02.08.2015. Articolo letto 1937 volte.
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