Deva «Murther» [2014]
Recensione
Molto interessante questo secondo album dei Deva, quartetto gothic progressive Milanese che condensa 15 canzoni in crica 63 minuti di musica. L’album, dotato di una bella veste grafica, di una altrettanto pregevole qualità sonora e perizia tecnica, come si può vedere è molto lungo, ma punta tutto sul coprire tutto ciò che sta tra questi due generi musicali, dal prog più complicato al gothic più soft e intimo, e il tutto diviso, a quanto sembra, in sezioni dell’album fatte da canzoni dal mood simile, in maniera tale da rendere questa specie di colosso di cd in versione più easy listening.
E nonostante per foza di cose l’album sia uscito per me allungato, i Deva ce la fanno egregiamente: perché comunque l’album rifugge molti degli stereotipi che affliggono dischi simili ma meno riusciti: non ci limitiamo a dei solismi della cantante e gli altri che accompagnano, non ci limitiamo a un songwriting troppo malinconico o troppo energico, e neanche ci limitiamo a troppa omogeneità sonora che finirebbe per rendere il disco interessante ma solo nelle prime tracce. No: “Can I be saved” esemplifica lo stile con delle strofe efficacemente prog e vistose, ma smorzate da un ritornello che mirabilmente cambia il mood del brano rendendolo su timbriche tipo Macbeth, band che più volte mi è tornata in mente durante dell’album, e che dire di “Come to me”, abbastanza da singolo, che per umore sembra i Nightwish più ombrosi e pacati? Da qui in poi l’album diventa più introverso e se la cava con la romantica “Decadence”, ma esprime il suo meglio al centro della tracklist, con le splendide “Lady of time”, dove il chitarrista fa un lavoro splendido di riffs e con “My sweetest pain”, il brano più mellow e morbido, nonché anche quello meno metal. Non manca un finale composto da due canzoni nettamente più prog dopo una parte meno interessante che va dalla decima alla tredicesima canzone. Saggio, inoltre, l’utilizzo di diversi intermezzi nelle composizioni, che evitano che l’ascoltatore faccia indigestione di canzoni a seguito di un cd molto lungo, anche se proprio nei ¾ dell’album qualcosa si poteva togliere secondo me in quanto ridondante.
Insomma: un disco gothic/prog interessante e sopraffino, per amanti dell’incrocio tra questi due generi e anche dei generi separati, ben strutturato e congegnato, nonché molto ben confezionato e appetibile, che nonostante gli sforzi per renderlo digeribile, tuttavia, resta pur sempre per palati raffinati e non certo per chi si accontenta del brano di punta e basta in un album. Un’ottima scoperta nella scena gothic italiana quest'estate dopo gli eccellenti Lenore St. Fingers.
Track by Track
- Can I be saved 75
- Come to me 80
- Is this what we really are 70
- Delirium 75
- Decadence 80
- What have I become 80
- Awareness 70
- Lady of time 85
- My sweetest pain 85
- Something beautiful 65
- Confession 70
- Remembrance 65
- Lullaby 70
- Dust and shadows 70
- Lilith 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 80
- Originalità: 80
- Tecnica: 85
Giudizio Finale
76Recensione di Snarl pubblicata il 22.08.2014. Articolo letto 1960 volte.
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