Entirety «Eternal Fire» [2017]
Recensione
Dopo ben dieci anni di silenzio e con una nuova line up, tornano sulla scena musicale gli Entirety, band black metal che ci propone sette infernali tracce incredibilmente melodiche e spinte al meglio per un genere gettonato come questo. Il lavoro, particolarmente nitido all’ascolto e privo di divergenze interne tra alte e basse sonorità, lascia sin dai primissimi istanti una discreta impressione sia sotto il profilo compositivo che come risoluzione generale; la band, molto legata al vecchio black metal, offre delle componentistiche risolutive decisamente appaganti tra riff ronzanti al punto giusto e batteria al limite del possibile, decisamente coerente e mai confusionaria. Ventisei minuti concentrati sulla furia più nera che si possa immaginare a cominciare dall’opener “Death to Workship”, caratterizzata da un catacombale intro acustico molto oscuro, pronto a dare adito ad una infuriata andatura all’interno della quale l’ottimo scream dai profili anche un po’ rauchi offre una brillante sensazione; stessa cosa per il successivo “Eternal Fire”, dove la band si mantiene molto costante sotto il profilo ritmico caratterizzato da una melodia sia suonata che cantata che funge da ritornello particolarmente interessante nella resa; è poi la volta di “Over a White Desert”, dove un altro intro arpeggiato ma questa volta distorto si impernia in un a ottimale risoluzione fatta di contesti tirati ma allo stesso tempo moderati grazie alla particolarità delle melodie inserite; si prosegue con la seguente “Bearers of Pain”, dove i tre minuti scarsi di esecuzione paiono furiosi quanto oscuri e demoniaci ma pur sempre misti tra contesti melodici con potentissime cavalcate in puro black metal; “Nyarlathotep” rappresenta un’altra potentissima soluzione né scontata né tanto meno monotona che va ad anticiparsi “Ancient Art” dove un riff di chitarra ed una batteria forsennata non cessano per un solo attimo di pura follia sino a giungere ad un momento particolarmente melodico pronto poi alla resa finale; il disco chiude con “La Promenade des Anglais” uno strumentale che vuole in sostanza ammettere che questa band sa anche farsi apprezzare sui contesti meramente classici, considerando che in questo brano c’è addirittura la presenza del pianoforte, in grado di trasformare il pathos sin ora generato in un qualcosa di espressamente moderato e allo steso tempo folle, senza lasciare nulla per scontato. Un disco complessivamente ben fatto che dà prova che questa nuova line up può arrivare e fare ciò che vuole senza bisogno di tante raccomandazioni.
Track by Track
- Death to Workship 70
- Eternal Fire 70
- Over a White Desert 75
- Bearers of Pain 75
- Nyarlathotep 75
- Ancient Art 75
- La Promenade des Anglais 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 75
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
74Recensione di Wolverine pubblicata il 05.04.2017. Articolo letto 1787 volte.
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