Gorepest «The Aeon of Horus» [2017]
Gorepest
Titolo:
The Aeon of Horus
Nazione:
Italia
Formazione:
Cronoth :: All instruments
Genere:
Brutal Black Metal
Durata:
34' 29"
Formato:
CD
2017
Etichetta:
Autoproduzione
Distribuzione:
---
Agenzia di Promozione:
---
Recensione
Ottimi spunti, ma molto potenziale sprecato. Questo è il full di debutto dei Gorepest, band Black Metal da Genova consistente del solo Cronoth, e che condensa 34 minuti e mezzo di una musica che si alterna tra black e death metal. E l’alternanza è alla lettera, nel senso che in questo album alcune canzoni sono death o death/thrash old school (“Torn the cross...”, “To grind Priests”, “Enduring…” e “Crucifucked”) o sono black, praticamente senza nessuna mescolanza dei due generi, per di più con diversi stili di questi generi presenti nell’album.
Infatti si passa da uno stile tastierizzato della title track a una “Winterspell rites” che per me ricorda troppo “Damned in Black” degli Immortal, e gli stessi Immortal sono citati un po’ troppo anche in “The autopsy of god”, in uno stile che ricalca fin troppo fedelmente qualcosa di “Sons of northern darkness” e nella canzone conclusiva. Il tutto mentre “Enduring...” è una canzone death/thrash old school che dura troppo poco e che soprattutto con il suo tiro da mosh stacca troppo con tutto il resto. Ora se già questo spiazza parecchio l’ascoltatore, catapultato da canzoni di durata medio-lunga ad altre molto più corte, bisogna anche aggiungere che molti dei brani qui presenti purtroppo cominciano bene, ma fanno fatica a muoversi da quei riffs e a cambiare marcia, come nella già citata “The autopsy of god”, che usa qualche idea buona anche se non originale, ma il cui brano non manifesta evoluzioni altrettanto rilevanti. Solo due canzoni si salvano da questo miscuglio poco amalgamato: “Slaves of space and time”, breve e dove non si sente più di tanto la poca variazione che affligge i brani, e l’ultimo brano, che prova (ma solo fino a un certo punto) a mescolare le due influenze, ma con un risultato troppo acerbo.
Insomma: “The aeon of horus” secondo me è il frutto di un compositore che sa fare non male il death e il death/thrash, ma che è un po’ poco originale nel fare black, e soprattutto che ha due personalità, ma per niente amalgamate. Come risultato, come detto sopra, questo disco è il frutto di una mente con molto potenziale, ma che per ora convince poco. Non un disco da buttare, ma molto penalizzato, e una band non inutile, ma che deve maturare.
Track by Track
- The aeon of horus 65
- Torn the cross in the blood 65
- Winterspell rites 60
- To grind priests 65
- The autopsy of god 60
- Slaves of space and time 70
- Enduring The Eternal Molestation Of Posers 65
- Crucifucked 60
- Summoning The Throne Of Self 60
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 55
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
64Recensione di Snarl pubblicata il 14.08.2017. Articolo letto 1698 volte.
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