Minutian «Inwards» [2015]
Recensione
Da non molto in circolazione, questo secondo lavoro dei finlandesi Minutian dal titolo Inwards, è stato in parte rallentato, dopo circa quattro anni dall’uscita dal primo album dal titolo “Repercussions”, a causa della tragica morte del chitarrista Jaakko Jernberg uno dei fondatori del gruppo; nonostante ciò, la forza di volontà dei Minutian, li ha indotti a non fermarsi e a continuare nel proprio credo proponendo in chiave rock/metal progressive, di esimia fattura e carico soprattutto di elementi malinconici e oscuri, questo full-lenght di nove tracce. Le tematiche trattate fanno riferimento ad un protagonista di ritorno da un viaggio interiore dove, attraverso una serie di visioni, cerca di ricostruire i suoi pensieri oramai deteriorati per poter trovare una nuova sicurezza interiore; in sostanza si tratta di una storia narrata attraverso varie prospettive. Sulla scorta del contenuto testuale dei brani, musicalmente c’è un clima generale con atmosfere prevalentemente molto drammatiche che danno più l’idea di un concept album da meditazione, prevalentemente soft, con pochi affondi e molti fraseggi quasi da relax. Il brano d’apertura “Hollow Heroics”, brano complessivamente intenso, è senz’altro quello contenente maggiori elementi metal /rock progressive dove l’arpeggio introduttivo, molto psichedelico, dà l’avvio ad una ritmica intensa che poi rallenta per dare spazio al cantato emotivo. Molto melodico e malinconico appare il brano “On Derelict Sindings” in prevalenza brano acustico, accompagnato da una batteria non troppo intensa e sottofondo poco distorto, che poi ben muta; forse si poteva fare a meno degli ultimi due minuti del tutto piatti e privi quasi di sonorità. “The Crust of the Earth”, brano semi movimentato ma prevalentemente in accompagnamento soft rock, lascia senza emozionare più di tanto; “Void Within” è un bano diviso in due parti, una prima metà sola batteria con cantato e tenue fraseggio di chitarra, mentre nella seconda metà, il subentro dei distorti complessivamente regalano una bella sensazione soprattutto grazie all’orecchiabilità del motivo. “Burning bright” brano unicamente composto in un soft rock mentre “Manifest” si ritorna con del buon progressive che diverte nel costante cambio della ritmica; è poi la volta di “Aphelion”, brano della durata di circa dieci minuti, senza ombra di dubbio uno dei brani migliori del disco, composto da sottili spunti strumentali sempre in chiave soft che negli ultimi due minuti determina un cambiamento offrendo una ritmica più hard che determina nel complesso una buona riuscita. Il brano finale “Redeemer”, tutto in arpeggio acustico, con un sottofondo di batteria elementare e con un cantato al limite del saturo conclude questo intenso e malinconico lavoro. Se siete amanti delle lunghe ballate malinconiche con leggeri accenni rock/metal progressive, questo è l’album che fa per voi.
Track by Track
- Hollow Heroics 70
- On Derelict Sidings 65
- The Crust of the Earth 55
- Void Within 65
- Onus 55
- Burning Bright 60
- Manifest 70
- Aphelion 70
- Redeemer 60
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 75
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
65Recensione di Wolverine pubblicata il 18.04.2015. Articolo letto 1649 volte.
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