Plato's Cave «Servo/Padrone» [2015]
Recensione
La caverna di Platone, la dicotomia servo/padrone: tanta carne al fuoco già soltanto nel moniker del gruppo e nel titolo dell' LP d'esordio dei nostri.
La materia trattata è rock cantautorale, con influenze prog e genericamente '70s: le musiche sono interessanti, nessun virtuosismo particolare ma le melodie raggiungono un buon compromesso tra orecchiabilità e novità. La produzione è scarna, c'è molto spazio nello spettro sonoro e i suoni non sono quel che si direbbe moderni e limati. Per fare il primo esempio, certe chitarre sembrano registrate in camera con un amplificatore da studio: saran le orecchie abituate a produzioni più grosse, più calde, sarà un anelito al suono vintage, ma per il genere in questione mi aspetterei più calore.
Sulle note rock-prog si innestano testi, in italiano, decisamente interessanti in quanto si prendono il rischio di trattare temi non banali (tradimento, spiritualità, contrapposta alla carnalità). La voce non è perfetta, ha un qualche accento non meglio identificato, gratta un po' e quando si sale pare sempre sul punto di perdere il controllo. Non si sposa naturalmente con la musica: è come se si percepisse lo sforzo di far aderire un cantato italiano e verboso a una musica per definizione anglofona ma, nonostante questo, risulta comunque gradevole.
Si rileggono nelle liriche i temi del titolo e del nome della band, e, forse influenzati dall'andazzo di certe musiche, sembra che si stia dando una lettura della società e delle emozioni di oggi filtrate attraverso una lente proveniente dal passato. Pregiudizi, falsa moralità, difficoltà quotidiane, relazioni sghembe, pare in fondo che siano temi che attraversano il tempo (spesso, purtroppo) così come la musica.
Il pregio di questo lavoro, il punto di forza del combo risiede infatti nel lavoro lirico, che va approfondito, curato e sfrondato anche di quanto non necessario ai fini delle canzoni. Perché la musica, la forma-canzone è anche e soprattutto un lavoro di sintesi e adattamento, sia lessicale che musicale. E non tutto deve, o può, essere detto in questa forma d'arte, ma si possono lasciare dei sottintesi, dei richiami (non)espliciti, degli spunti o financo dei fraintendimenti, che portino il cervello e il cuore di chi ascolta a mettersi in moto su diversi piani (emotivo e/o razionale).
Nota a lato per la cover: personalmente spiazzante, in quanto pare richiamare quella di un grande disco del miglior brit pop '90.
Track by Track
- L'omicidio di un suicida 60
- L'uomo assoluto 60
- Il viandante 60
- Eclissi popolare 60
- InGiuria, Pt. 1 60
- Wilma 60
- L'opposizione all'eccezione 60
- InGiuria, Pt. 2 60
- Viaggio introspettivo 60
- L'eco delle Valchirie 60
- Canzone per un prigioniero 60
- L'applauso 60
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 60
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
61Recensione di F pubblicata il 31.07.2015. Articolo letto 1398 volte.
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