The Destroying Laser «Oracle» [2020]
Recensione
Il sound dei Destroyng Laser sembra rispecchiare la destrutturazione ed il ricorso al dèjà vu che caratterizzano l’arte in generale nell’attuale società liquida. Dopo aver esordito nel 2017 con l’Ep Weird like you, la band - formata da giovani musicisti originari di Mantova – ha debuttato con l’album Oracle, pubblicato a febbraio del 2020 per l’etichetta Rockshots Records. Il fil-rouge dell’album, che presenta un tessuto “post-hardcore-progressive”, con influenze emo, è un non-sense generale, un “senza capo né coda”, che comunica una sorta di vuoto di idee ed ispirazione. Le melodie, spesso monotone, e la tipologia di stacchi di batteria, sono concepiti secondo un “già sentito” targato anni ’90, mentre la voce suona come un continuo lamento acuto, senza chiaroscuro, senza spessore. La batteria è preponderante per tutto l’album, ed è lo strumento probabilmente più espressivo rispetto al resto. Non si discute sulla validità tecnica o creativa dei singoli musicisti: si parla di espressione che rimane in superficie, frutto di un viaggio esistenziale iniziato ma ancora non approfondito da parte dei Destroyng Laser, che sicuramente hanno potenzialità artistiche, ma che devono ancora percorrere un po’ di strada a livello interiore per esprimersi al meglio. Oracle inizia con “Encounters”, un intro claustrofobico in cui già si nota il sound destrutturato e contemporaneamente il talento del batterista che spicca su tutti gli altri. La seconda song s’intitola “Unbeatable”, ed appare anche questa senza capo né coda, caratterizzata da una melodia monotona, da una parte vocale che sembra un lungo lamento, oltre che da un finale senza senso. Il piattume, i richiami al sound anni ’90 e la voce impostata sull’acuto continuo contrassegnano, poi, “Hostile” che richiama, insieme a “Dead Sailor” ed a “Foxhole”, le canzoni-jingle inserite nei programmi per creare musica al computer, con un’eco alla Finley, ahimè. I continui cambi di atmosfera, dal post-hardcore ai finali che vorrebbero conferire il tocco progressive, ma che in realtà non hanno significato, le melodie monotone oltre agli stacchi di batteria magari ben eseguiti, ma non adeguatamente inseriti nel tessuto sonoro delle canzoni, sono tutti elementi che non giovano al risultato finale di questo album. Sempre molto simil-jingle anche la sesta song, “Another you”, che sembra elevarsi ad un livello migliore rispetto alle precedenti, con le parti di batteria che comunque sono sempre ben eseguite, ma poi si cade nella monotonia. L’album dei Destroyng Laser si chiude con “Arcane Ashes”, una ballata anch’essa di un livello più alto rispetto alle prime cinque, ma poi imperversano la batteria eccessivamente roboante rispetto al tessuto generale della song, i riferimenti al sound anni ’90 da telefilm americano, la voce appiattita ancora di più dal “rinforzo corale” delle backing vocals ed il solito finale posticcio simil-progressive.
Track by Track
- Encounters 50
- Unbeatable 40
- Hostile 40
- Dead sailor 35
- Foxhole 35
- Another you 40
- Arcane ashes 45
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 50
- Tecnica: 60
Giudizio Finale
50Recensione di Susie Ramone pubblicata il 28.11.2020. Articolo letto 1149 volte.
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