Recensione

Il disco di debutto dei Twang da Torino è uno di quei casi in cui la proposta musicale, consistente in un rock leggero e radiofonico, è talmente estranea al metal che qui siamo più esperti ad analizzare, che di fatto sconfiniamo parecchio come bacino d’utenza.
Per tutto il disco, infatti, il gain delle chitarre non arriva forse neanche a metà, come si può sentire dall’inizio praticamente surf rock di “Frau blucher” su di un tema vagamente orientaleggiante, e dal blues pop leggero di “Violento”, che rappresentano anche gli episodi musicali un po’ più lineari del disco, e che invece si contrappongono ad episodi più scomposti, come la stralunata e ironica “Colpevole” o la languida “Esilio”, forse gli episodi migliori dell’album e in cui il sound dei Twang risalta di più, corroborato anche dal tipico rock leggero e orecchiabile, nonché abbastanza da singolo, della title track. In generale durante tutto l’ascolto di “Il tempo dell’inverso” si percepisce la cura riposta da questi ragazzi nel mood delle composizioni, su cui s’incentra quest’album, un mood forse astratto, a tratti molto astratto, ma che comunque dona alla band un sound abbastanza personale e ricercato, senza errori formali se si eccettua quello di essere chiaramente una band molto più soft di ciò che normalmente trattiamo.
Se il sound rock leggero e radiofonico è ciò che vi aggrada, date una possibilità a questo “Il tempo dell’inverso”.

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