Ulfhednar «Il Culto dell'Agonia» [2022]

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Snarl »

 

Recensione Pubblicata il:
13.06.2022

 

Visualizzazioni:
828

 

Band:
Ulfhednar
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Titolo:
Il Culto dell'Agonia

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Hevnar :: Guitars
Eclipsis :: Vocals
Cerberus :: Drums
Goryo :: Guitars
Ithil :: Bass

 

Genere:
Black Metal

 

Durata:
33' 26"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
06.06.2022

 

Etichetta:
Autoproduzione

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Il secondo disco dei Romani de Roma Ulfhednar si chiama “Il culto dell’agonia” ed esce autoprodotto, proponendoci 9 brani più intro ripartiti in 33 minuti e mezzo di un black metal non male, ma con alcuni punti di miglioramento per quanto riguarda la personalità sia negli arrangiamenti che nella personalità della band. Se infatti il precedente “Mortaliter” era infatti un disco che più che altro andava a suonare un po’ generico nelle parti veloci, qui la band capitanata da Hevnar cerca di migliorarsi, e in parte ci riesce risolvendo il difetto soprastante, ma rivelando ora altre cose da aggiustare un po’.
È tutto infatti abbastanza eloquente nei primi brani veri dell’album, con una “Alterco” dai riffs semplici ma con un approccio diretto, simile a quanto fatto dai Besatt di dischi come “Hellstorm”, per un risultato non male (eccetto del growl un po’ fuori contesto); senonché, da qui in poi si nota che la personalità degli Ulfhednar cambia un po’ di brano in brano, con una “Punto Omega” invero riuscita, maligna e sospesa verso la fine, ma con uno stile molto più orientato verso i Craft di metà carriera, e poi si passa a “Impetuoso divenire” che invece va palesemente a rifarsi agli Immortal di “Damned in black” ridimensionati. Da qui in poi, per la verità, il sound va leggermente più assestandosi, con un black metal influenzato in diversi tassi dal death metal, come nell’inizio di “Atarassico” o negli stop n go di “Amara superbia”, ma “Famelica brama” riconferma la situazione suddetta, e va a suonare molto primi Watain. Confusi? Un po’ anche io.
In realtà, l’album mostra del potenziale, come nella notevole variazione di “Atarassico” che parte dal death metal per poi evolvere su un up tempo black metal successivo, e questo è lo stile dove sembra che gli Ulfhednar brillano di più, come si sente anche in “Odio eterno”, ma questo stile è più volte vittima di cadute di stile che fanno troppo appoggiare gli Ulfhednar a qualcun’altra band, e altre volte appaiono luoghi comuni di arrangiamenti, come riffs che potrebbero essere armonizzati di più come in “Alterco”, oppure brani come “Ora oscura” che fanno l’errore di partire bene, e poi al riff successivo invece di aumentare il mood vanno o chiudendosi, o facendo riffs meno immediati, col brano che in questo modo spreca il suo potenziale. Certo, la produzione del disco è molto buona, ma questo sana solo parzialmente la situazione.
Per questo motivo, “Il culto dell’agonia” è un disco non male, ma anche dalla personalità non molto definita e abbastanza incasinata, che lo relega un po’ a disco underground e il cui stile proprio si sente, ma solo a tratti. Disco non male e tranquillamente acquistabile se si è interessati a un black metal con diverse contaminazioni death metal, però se gli Ulfhednar vogliono salire di livello, per me devono acquisire più sicurezza nel fare il loro sound e farlo più originale, e sviluppare la situazione riguardante gli arrangiamenti.

Track by Track
  1. Preludio - Intro S.V.
  2. Alterco 65
  3. Punto omega 70
  4. Impetuoso divenire 65
  5. Atarassico 70
  6. Famelica brama 70
  7. Odio eterno 70
  8. Amara superbia 65
  9. Ora oscura 65
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 75
  • Qualità Artwork: 65
  • Originalità: 65
  • Tecnica: 70
Giudizio Finale
67

 

Recensione di Snarl pubblicata il 13.06.2022. Articolo letto 828 volte.

 

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