Stanislao Sadlovesky «Il Declamatore» [2024]
Recensione
Di non semplice collocazione è “Il Declamatore” disposto su dieci tracce per opera dell’autore Stanislao Sadlovesky, un disco di debutto i cui contenuti si classificano musicalmente ed ipoteticamente in un ambient, industrial, pop narrato di matrice sperimentale e teatrale, frutto di un’autoanalisi nell’inconscio umano svolto a seguito di un risveglio da uno stato comatoso. Sostanzialmente ci troviamo di fronte ad una sorta di monologo con sottofondi e rumori di vario genere che non trovano classificazione alcuna nel mondo del metal e suoi derivati; neanche la minima traccia di rock se cercate qualcosa che possa indurvi a scuotere la testa e lasciarvi andare. In sostanza, traccia dopo traccia, ci si imbatte in commenti, narrazioni, pensieri e frasi artistiche che meritano indubbiamente meditazione ma non se altro, in un contesto teatrale tra luci soffuse ombre e tende rosse. E' un lavoro non certo per metal brother e sister ma per gente che ama meditare, concentrandosi nel nulla, un po’ come quei documentari in bianco e nero degli anni ’70 che vedendoli oggi sembra riflettersi in un mondo mai esistito o eventualmente esistente su sistemi solari distanti secoli luce. Sembra di essere al museo e sentire qualcuno spiegarci qualcosa di letterario che i professori delle superiori ci imponevano e su cui naturalmente ci avrebbero poi interrogato, mentre preferivamo invece guardare qualche bella ragazza appartenente ad altro istituto. Non riesco in nessun modo a trovare contesti positivi che possano attrarmi a questo lavoro forse a cagione del mio basso tatto a non riuscire a captare quei segnali metafisici, probabilmente materia di bravi psicologi e via discorrendo; a rendere ulteriormente noioso il tutto è anche il timbro vocale dell’autore, un po’ sopra le righe oserei dire, quasi a deridere chi non lo comprende. Trovo il disco inadatto a chi ama divertirsi e fare casino ai concerti mentre è un lavoro probabilmente destinato a menti filosofiche e visionarie. Concludendo, il lavoro può essere il disco dell'anno come la cosa diametralmente opposta, in ogni caso, non possiamo noi di webzine che trattano metal dare giudizi di fronte all'assenza totale di percussioni, chitarre, bassi e distorti. Qui comunque di metal, neanche dal colore dell’artcover, fidatevi.
Track by Track
- Quella Bambola S.V.
- Rimontiamo il girato S.V.
- Il futuro si fa attendere S.V.
- Gocce S.V.
- Latte S.V.
- Scacco matto in mille mosse S.V.
- Rohmer: i racconti delle quattro stagioni (ovvero primavera, estate, autunno, inverno... e ancora estate) S.V.
- Sangue per zanzare S.V.
- Trappola per topi S.V.
- Cerco Stravinskij ma non lo trovo S.V.
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 0
- Qualità Artwork: 0
- Originalità: 0
- Tecnica: 0
Giudizio Finale
0Recensione di Wolverine pubblicata il 23.03.2024. Articolo letto 473 volte.
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