Node «Canto VII» [2024]

Node «Canto Vii» | MetalWave.it Recensioni

Autore:
Wolverine »

Recensione Pubblicata il:
15.02.2025

Band:
Node

Titolo:
Canto VII

Nazione:
Italia

Formazione:
- Dave Arri :: vocals;
- Gary D'Eramo :: bass;
- Gabriele Ghezzi :: guitars;
- Pietro Battanta :: drums;

Genere:
Thrash / Death Metal

Durata:
43' 14"

Formato:
Vinile 12"

Data di Uscita:
19.04.2024

Etichetta:
Nadir Music

Distribuzione:
Audioglobe

Agenzia di Promozione:
Nadir Promotion

Recensione

Una band che mai ha mutato il proprio credo fin dall’inizio del progetto è proprio quella dei Node, una band che stante le difficoltà è sempre riuscita a rialzarsi in piedi e a ricominciare evolvendosi sotto un profilo sono album dopo album. Il caso fa riferimento anche al fatto dell’uscita del precedente cantante per motivi di sapute ed il reclutamento di uno nuovo che ben è riuscito ad inserire anche una marcia diversa alla band; il ventennale chitarrista Gary D’Aramo è inoltre passato al basso e stilisticamente il thrash death metal odierno e funzionale che oggi viene proposto rispetto al precedente thrash hardcore, si sente e piace soprattutto perché spacca di brutto e questo ovviamente non fa che renderci fieri di questo nuovo “Canto VII”. Non a caso il nuovo disco ha in sostanza la funzione di esprimersi al meglio a 360° ricercando anche aperture più melodiche rispetto al passato forgiato sia con i lead che con qualche passaggio di intermezzo tra un brano e l’altro che però, ascolto dopo ascolto, convincono la platea sino ad un certo punto tenuto conto che il mood dei brani in definitiva, pur apparendo massicci, paiono poco creativi adagiandosi in linea con altre uscite senza dare quel quid che ci si aspetta per il nuovo assetto nella line up. Non tanto la tecnica di cui è ricco il disco, come nel caso di “Resign Yoirself” o “IGod”, ma la presenza di qualche brano meno in linea con gli altri come “ The Cage” e ancora “Moan Of Pleasure” che paiono frenare un po’ il tutto; la band dedica poi dedica la chiusura del platter con la cover “Territory” dei Sepultura che, seppur da manuale, pare poco personalizzata. Il disco, stante l’impeccabile e ben collaudato estro dei musicisti, è potente ma, allo stesso tempo, dà un po’ l’impressione di andare con il freno tirato ma, in definitiva, il disco di transizione ci può stare anche perché una band come questa è storicamente e da sempre tra i fiori all’occhiello dell’underground made in Italy.