Hyades «The Roots Of Trash» [2009]

Hyades «The Roots Of Trash» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Clode »

 

Recensione Pubblicata il:
--

 

Visualizzazioni:
2705

 

Band:
Hyades
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Titolo:
The Roots Of Trash

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Mark Negonda :: Guitars
Lorenzo Testa :: Guitars
Marco Colombo :: Vocals
Jerico Biagiotti :: Bass
Rodolfo Ridolfi :: Drums

 

Genere:

 

Durata:
43' 0"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
2009

 

Etichetta:

 

Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

Tornano dopo due anni dal precedente “And the Worst is Yet to Come” i Bustesi Hyades, band che si è guadagnata sul campo l’appellativo di Kings of Thrash, e che esce nel 2009 con un disco senza compromessi dal titolo che mette subito in chiaro le intenzioni del gruppo: “The Roots of Trash”.
L’album parte sulle note acustiche di Long Way Back Home, che sono un po’ come la calma prima della tempesta, infatti la successiva I Belong to No One ci travolge con una furia thrash che mi ricorda i primi Testament.
A.F.M.S ha un inizio che non ti aspetteresti mai di trovare in un lavoro di questo tipo, da quanto è Doom e lento, ma è solo il principio, perché la canzone diviene ben presto violenta, tanto che dopo poco ci si ritrova a cantare con loro “Take a Whisky, Take a Beer!” assieme ad un Marco Colombo più incazzato e sguaiato che mai.
United in the Struggle è un pezzo dall’incedere tipicamente Thrash Bay Area ed è impreziosito da un bell’assolo centrale e, ancora, da un ritornello che ti si ficca nel cervello per non uscirne più.
The Great Deceit inizia con un riff decisamente più moderno rispetto ai canoni del cd, poi la canzone vira verso territori che la band conosce bene, tanto che mi fanno ricordare la bellissima Diciple of the Watch dei Testament; infine verso la metà del brano alcuni riff abbastanza complicati mi riportano alle memoria i Death del compianto Schuldiner… che pezzo ragazzi!
Il riff d’apertura di Still in the Trash mi ricorda alcuni pezzi dei Pantera e lo Stoner dei Down: è un pezzo sì veloce, ma ritmato al punto giusto per fare danni in sede live; mentre Alive But Dead si presenta subito come una vera killer song, dove è ancora la voce di Marco a farla da padrone insieme all’intreccio di chitarre imbracciate da Mark e Lorenzo.
Worse than the Silence ha veramente dei pregevoli stacchi di batteria, opera del tecnico Rodolfo che, insieme al bassista Jerico, porta avanti la sezione ritmica di questo terremotante brano thrash di vecchia scuola.
Anche The Moshing Reel ha delle parti, soprattutto di chitarra e batteria, decisamente più moderne e death rispetto al brano tipo che potete trovare in questo album, e questo è un bene, perché rende il disco molto più fluido e contribuisce alla maggiore diversificazione delle tracce.
Eccoci arrivati all’ultima song del disco, una cover, a dire la verità decisamente inaspettata, perché presa da un gruppo ormai poco metal: gli Offspring, con la loro Come Out and Play che arriva direttamente da quello “Smash” che li ha resi tanto famosi, ovviamente riproposta in chiave thrash e moderna. Direi che l’esperimento è riuscito a dovere, infatti gli Hyades riescono a conferire al pezzo quella cattiveria che mancava ai tempi alla band statunitense.
Alla fine di questa recensione non posso che consigliare a tutti gli amanti del thrash e, perché no, anche a quelli che vogliono ritornare indietro negli anni, quando dalla Bay Area uscivano band che sarebbero diventate, dopo poco, delle vere e proprie leggende: ragazzi, questi Hyades sono indiscutibilmente i loro eredi.

Track by Track
  1. Long Way Back Home 75
  2. I Belong to No One 80
  3. A.F.M.S 85
  4. United in the Struggle 75
  5. The Problem is You 70
  6. The Great Deceit 75
  7. Still in the Trash 80
  8. Alive But Dead 80
  9. Worse Than the Silence 80
  10. The Moshing Reel 85
  11. Come Out and Play 70
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 85
  • Qualità Artwork: 85
  • Originalità: 70
  • Tecnica: 80
Giudizio Finale
78

 

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