Dejanira «A Vent Of Rage Against...» [2010]
Dejanira
Titolo:
A Vent Of Rage Against...
Nazione:
Italia
Formazione:
Mirco Roncoroni : Vocals And Guitar
Diego Marchesi : Lead Guitar
Daniele Preda : Bass
Sergio Cattaneo : Drums
Genere:
Durata:
34' 38"
Formato:
EP
2010
Etichetta:
Distribuzione:
---
Agenzia di Promozione:
---
Recensione
Delle volte un sapore, un odore o un immagine possono darci la sensazione, pregnante, di essere trasportati lontani indietro nel tempo, quasi a rivivere momenti trascorsi ma mai veramente morti. Delle volte è un suono a veicolarci lontani da questo 2010 troppo spesso sterile di fosforo e adrenalina, bene questa volta il suono non è uno, ma una serie maestosa, nutrita e rampante, un esercito feroce e brillante di riff, linee, tocchi e rullate, voci e soli, cavalcate di doppio, stacchi e variazioni che non possono non innescare un gioco d'echi nella memoria, capace di far sussultare per un attimo chi, come me, è cresciuto con certe cassette nel mangianastri; ed è quando la nostalgia dei bei tempi andati si fa divorare con piacere dalla ritrovata speranza che forse ancora tutto non sia perduto, che ti ritrovi con una gamba che va a mille ad accompagnare la ritmica e la testa che disegna melodie dal sapore atavico, ma dalla carta d'identità che ancora odora di inchiostro.
Bene signore e signori, 'A Vent of Rage Against...' , primo EP dei bergamaschi Dejanira, è medicina efficace e sbalorditiva contro l'apatia, capace di prenderti e sbatterti con violenza lontano, circa venti, venticinque anni a ritroso nel tempo. Cosa ancor più incredibile poi, se si pensa che dei quattro artefici di questo nostro salto temporale, il più attempato sia appena un classe '87 (il bassista Daniele), inserito in un assortimento di virgulti made in '89/'90 che sembrano esser, più che nati, vissuti nell'epoca d'oro del thrash old school, di cui si candidano indiscutibilmente ad araldi dei giorni nostri.
Ponte S. Pietro, è fucina di questo cantiere imponente e vibrante, capace di rispolverare, con personalità e sopratutto, senza abusare di alcun cliche, quell'anima che forse oggi gli stessi Metallica hanno finito per perdere, proiettati in una carriera da superstars che imbastardisce lo spirito bastardo ricoprendolo di ori e allori ma facendogli perdere inevitabilmente un pò di fuoco e di argento vivo.
Ed è proprio dall'evoluzione dei Diatriba, cover band della formazione Losangelina fondata nel 2003,
dagli appena tredicenni Mirco (voce e chitarra) e Diego (chitarra), che sorgono, nel 2009, i Dejanira, combo capace di esaltare ed attualizzare in maniera quasi perfetta un genere che più che ripreso viene interpretato e portato ad una forma espressiva superiore, cosciente delle proprie potenzialità e veicolo di parola e denuncia, cristallizzate in liriche e potenza sonora.
Dote impressionante dei nostri è la semplicità disarmante con la quale viene proposto il prodotto, poco spazio a virtuosismi fini a se stessi, tutto scorre senza dare la sensazione di ampolloso o forzato, e pure quando si scorgono echi nu (Fake Democracy) o di panteriana memoria (Vaticancer) la disinvoltura esecutiva rende il risultato finale pregevole e convincente.
Effettivamente la chiave degli equilibri dei Dejanira probabilmente si trova nella palestra mirata ed instradatrice che è stata l'originaria opera di "coveraggio", intrapresa già nel 2003, quando alcuni dei nostri avevano appena 13 anni, e collezionavano esibizioni live votate ai padri e maestri Metallica, di cui, irrimediabilmente hanno assimilato parecchi elementi sia in fase compositiva che in fase interpretativa, insomma, quando si dice farsi le ossa fin da tenera età.
Non c'è copia ma ispirazione in questo EP, c'è gusto coltivato sugli ascolti e sugli strumenti, passione tanta e voglia di spaccare.
Unire melodia e atmosfere malinconiche ad episodi di quadrata potenza o a sfuriate e cavalcate tanto veloci ed incalzanti quanto precise non è cosa di poco conto, miscelare il tutto ed arrangiare tanto da rendere un disco di sette brani fluido e godibile al punto da rimanere con l'amaro in bocca, appena si prende atto che sia terminato è qualcosa di cui andare fieri, fare tutto senza scadere nell'accademia, laddove il genere espone pericolosamente a questo rischio, è sintomo di un livello di maturità artistica e stilistica già di primordine.
Megadeth, Pantera, Metallica, Testament, per citare solo alcune delle band di riferimento più evidenti, rivivono nel lavoro, e si respirano, ma tranne in sporadici momenti non si percepisce la sensazione siano stati presi quali copioni quanto piuttosto come canovacci.
Sono tante le venature che screziano questo disco, aperto da Prelude, intro dal sapore thrash, attualizzato e cupo ma massiccio, martellante quando giunge a Bang And Burn, introdotta da un solo di chitarra tanto semplice quanto imponente e condita di sgroppate coinvolgenti e melodie accattivanti. Vive di momenti meno oldies quando in Demons strizza l'occhio alle correnti thrash contemporanee pur senza perdere coerenza e credibilità (vedi Trivium, Avenged Sevenfold, ma per carità, sia chiaro, senza mai scadere nel pop), ma torna prepotentemente a macinare buon metal, prima in maniera quasi paranoica con Fake Democracy, poi energica e rampante in Walker (forse il pezzo "più Metallica" dell'intero lavoro), a tratti tribale e suggestiva nell'impetuosa Vaticancer, condita da vocals dal sapore cavaleriano e stacco un pò alla domination per intenderci. Il disco si chiude con Last Goodbye, pezzo di congedo che si snoda positivamente sulla falsariga dell'intero album.
Il risultato è, come abbondantemente intuibile, un disco piacevole, cattivo, convincente, sorprendentemente maturo e da inserire con orgoglio e gelosia nella propria collezione se si ama braccare le chicche che l'underground molto spesso ci riserva, chissà, prima dell'esplosione su circuiti più ampi.
I nostri hanno tutto per emergere, potenziale, gioventù, ottime individualità e groove da cardiopalma, latita il contratto, ma c'è da stare sicuri che la lungimiranza di qualche discografico non tarderà a portarne uno in dote se si continuerà a percorrere questa china.
L'importante in fondo è puntare a migliorarsi sempre, e continuare ad insistere sulla propria crescita senza smarrirsi o montarsi la testa per i primi consensi di critica e pubblico, seppur magari meritatissimi, senza sentirsi mai arrivati, perchè con un simile EP di presentazione sarebbe davvero un peccato vedere tanta roba andar sprecata, e la sensazione, molto personale, è che il primo full lenght non tradirà le aspettative, avanti ragazzi, buona la prima!
Track by Track
- Prelude 70
- Bang And Burn 85
- Demons 70
- Fake Democracy 75
- Walker 80
- Vaticancer 75
- Last Goodbye 65
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 95
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 75
- Tecnica: 85
Giudizio Finale
77Recensione di ojumalu pubblicata il --. Articolo letto 1696 volte.
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