Labyrinthus Noctis «Dunnos» [2011]
Labyrinthus Noctis
Titolo:
Dunnos
Nazione:
Italia
Formazione:
Moreno - all guitars, vocals
Ark - keyboards, programming, synths, vocals
Aldo - drums, percussion, vocals
Frank - bass
Lu.na. - vocals
Genere:
Durata:
1h 10' 16"
Formato:
CD
2011
Etichetta:
Distribuzione:
---
Agenzia di Promozione:
---
Recensione
A partire dalle informazioni biografiche che vedono i membri dei Mystical Fullmoon come fondatori del progetto, dalla durata dell'album di ben settanta minuti e da una cover dei Death In June, si sarebbe potuto giurare che questo secondo lavoro dei Labyrinthus Noctis potesse essere imprescindibile per ogni appassionato di atmosfere gotiche. Purtroppo tocca fare un piccolo passo indietro e ammettere una certa delusione, tale che si può provare perfino noia lungo queste dieci tracce.
Sarebbe bene scindere le due principali strade battute dal gruppo: la più ampia è tristemente la più scontata; gothic metal basato su mid tempo, ricchi di tastiere, fraseggi di pianoforte, chitarre pulite e distorte, che però non riesce ad esser coinvolgente, anche per via di una performance vocale non esattamente convincente, un po' debole in certi punti, a dirla tutta. In quei momenti in cui le composizioni si aprono a diverse sonorità possiamo sentire delle cose ben più coinvolgenti; il caso più calzante potrebbe “Apastron”, una canzone di oltre nove minuti che inanella una serie di noiosi cliché da “female metal band”, ma che d'un tratto compie una discesa (o ascesa?): un rallentamento pianistico dove sembra quasi che il tempo si fermi ed i brividi scorrono sulla pelle; ci si ritrova dentro senza capire come e non sembra neppure di ascoltare la medesima traccia. Superato il momento si ritorna ad un sound più canonico, insomma come essere entrati e usciti da un deliquio. “Cold Alatir” offre più o meno lo stesso sound dark con effetti di sintetizzatore, ma questa volta si sprofonda prima in una sorta di trip hop (anche se poco ispirato) e poi, la parte migliore, che affonda in una coda di rumorismi ambient da spazio siderale, sostenuto solo da un arpeggio di chitarra, davvero evocativa.
Di sicuro siamo all'ascolto di un disco lungamente pensato, che racchiude inoltre momenti acustico folcloristici, come “Rainbow You Leave (A Ghost Tale)” particolarmente riusciti. Riepilogando: molto gothic metal ben poco interessante, ma in ognuno di questi episodi si mette in mostra per dei momenti ricercati che coinvolgono alle volte l'elettronica, altre volte il folk, non tutti propriamente affascinati, ma che quando colpiscono lasciano davvero il segno. Tantissima carne sul fuoco, ma l'impressione è che certi pezzi siano stati levati troppo presto dalle braci, mentre certi altri siano quasi bruciati; se trovate il pezzo cotto alla perfezione assaggerete qualcosa di veramente speciale e originale. Importante lavorare per la definizione di un suono meno dispersivo e più omogeneamente intrigante.
Track by Track
- Dunnos 60
- Apastron 65
- Infinty Behind The Apses 60
- Unholy Susan 55
- Cold Alatir 65
- She Said Destroy 60
- Periastron 65
- Rainbow You Leave (A Ghost Tale) 65
- Solaris 55
- Existential Black-Out 65
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 75
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
64Recensione di June pubblicata il --. Articolo letto 1517 volte.
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