Recensione

Lessi una volta che l’arte non va capita ma va vissuta. Questo concetto può o meno trovare consensi ma di certo può in qualche modo essere ricollegato all’opera discografica che ho avuto la fortuna di incontrare nel mio cammino. Si tratta di un disco difficile, ordinato in modo complesso, concepito per essere maturo e di ardua catalogazione se anche solo pensiamo ad un suo inserimento in qualche scaffale.
Denominare tutto ciò “Art-Prog” potrebbe in effetti risultare corretto data l’enorme quantità di informazioni musicali contenute all’interno di “Hypocrisera”, creatura generata dal progetto Achernar Dream, praticamente un ensemble di collaborazioni di alto livello, una squadra di elementi di una particolarità quasi sconcertante per un risultato disarmante e che fa venir voglia di urlare al miracolo.
Non è cosa facile quindi potersi anche solo avvicinare ad un platter di così intensa fattura, per prima cosa poiché i centinaia di intrecci musicali e sonori riescono ad unire la parola “musica” alla parola “viaggio” ma anche a “film”, “storia”, “fantasticheria” e via discorrendo e, per seconda cosa, per la difficoltà iniziale che potrebbe percepire un ascoltatore abituato a dischi in un certo modo quadrati nei quali ogni episodio è a se stante e si manifesta lì per lì morendo poco dopo.
In “Hypocrisera” troviamo invece un incessante susseguirsi di emozioni, situazioni diverse ed emozionanti miscelature di sensazioni che scaturiscono e da una bravura sullo strumento e da un’idea di fondo funzionale e costruita per l’appunto sull’intimo e sul turbamento interiore, elementi primi di ogni nota che coesiste con le altre in questi quasi 50 minuti di durata.
Ai momenti sinfonici vengono accostati momenti altalenanti di Heavy Metal tendente al Progressive sì ma con costanti occhiate all’Art-Rock, al Dark, al Gothic (quello vero), alla musica classica contemporanea, al minimalismo, alle suggestive ambientazioni da score movie; comprenderete da soli che ogni brano è direttamente collegato all’altro anche concettualmente e ciò provoca un ulteriore aumento di livello qualitativo, avvalorato da una produzione davvero niente male che sa bene come sistemare ogni strumento, ogni solo, ogni voce maschile e femminile cantata o anche solo sussurrata.
C’è tanto in “Hypocrisera”. C’è così tanto che un solo ascolto non basterà mai e quindi, se si vuole arrivare ad una comprensione di questa esaltante esperienza, occorre tenacia, curiosità, un pizzico di follia e una grande apertura mentale.
Come tutte le migliori cose serve essere pronti al nuovo. Personalmente non avevo mai ascoltato tante idee mescolate assieme ed intrecciate così bene da rendere difficile l’individuazione della cucitura, forse perché non c’è o non c’è mai stata, forse perché non ci sarà mai ma una cosa è certa: il timore che tutta la mole di materiale del disco possa risultare divagante è comprensibile ma fidatevi, non ha basi solide.
Disco consigliatissimo ma solo a coloro che vantano una sensibilità artistica alta. Coloro che concepiscono solamente la musica in modo prevedibile non verranno disturbati in questa sede.
Ottimo lavoro davvero.

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