Crest of Darkness «In The Presence Of Death» [2013]
Recensione
Quante volte ho ripetuto, scrivendolo, parlandone, che il black metal, per lo meno quello più ortodosso, ormai non ha più nulla da dire? E ho amato alla follia gruppi come Darkthrone, Immortal, Marduk e Dark Funeral, ma a differenza di tutti quegli altri generi consunti, che possono essere il blues, il thrash, il death, o anche l'hardcore punk, si è trovato ancora più spoglio dal momento che i punti fermi del genere dipendono esclusivamente dall'atmosfera misteriosa ed intrigante dell'underground più putrido. In un intervista con i Laetitia In Holocaust, che promuovevano il loro nuovo album, un black metal spoglio di distorsioni, realmente in grado di spaziare verso nuovi lidi, i membri stessi mi facevano notare la tristezza di trovarsi a concerti black metal giganteschi, dove la band incita a tenere il ritmo dei brani con gli ormai arcinoti “ehi! Ehi!”; creando un'atmosfera goliardica, lontana dagli orrori narrati nei testi. Alcuni autori hanno deciso di prendere una strada più lontana dai canali ufficiali, ma restano troppo legati ad una formula incredibilmente fine a sé stessa. Che dire di questi Crest Of Darkness, presenti sulle scene sin dal 1993? Questo album paga pesantissimo tributo agli Immortal, ma proprio i primissimi, quelli di “Diabolical Fullmoon Mistycism”, in particolare nelle chiassose vocals, ma anche nelle trame ritmiche, che influenzano molto anche il riffing generale; ascoltate un brano come “Redemption”, per sentirvi di nuovo proiettati negli anni 90. Non mancano i tentativi di uscire da questa “prigione”, che si manifestano in una maggiore vicinanza al metal classico, con assoli brillanti, oppure con i metodi più squadrati e taglienti del death metal o del thrash (per esempio in “Womb Of The Wolf”). Ottimo come disco per sbattere la testa, ha una produzione devastante, ma anche totalmente avulsa dall'underground (i suoni della batteria sarebbero più adatti ad un gruppo brutal death, per capirci), e alcuni momenti discretamente coinvolgenti: un brano come “Vampire Dreams” ha sicuramente un tiro sopra le righe. Purtroppo alla fine dell'ascolto non resta moltissimo, se non una tecnica ovviamente rodata, e qualche inserto piacevole, sì, ma non personale. Sufficienza assicurata, ma resta un ascolto per soli maniaci del death/black metal.
Track by Track
- Intro 55
- In The Presence Of Death 65
- Demon Child 60
- Redemption 60
- The Priest From Hell 60
- Welcome to My Funeral 60
- Womb Of The Wolf 65
- Vampire Dreams 65
- From The Dead 60
- The Day Before She Died 60
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 60
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
62Recensione di June pubblicata il 10.03.2013. Articolo letto 1639 volte.
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