Raven Lord «Descent To The Underworld» [2013]

Raven Lord «Descent To The Underworld» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Markiyan »

 

Recensione Pubblicata il:
23.03.2013

 

Visualizzazioni:
1166

 

Band:
Raven Lord
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Titolo:
Descent To The Underworld

 

Nazione:
Varie

 

Formazione:
Csaba Zvekan :: cantante
Joe Stump :: chitarrista solista
George Karafotis :: chitarrista ritmico
Lawrence Larry Paterson :: batterista
Alessandro Duò :: tastierista
Jamie Mallender :: bassista

 

Genere:
Heavy Metal

 

Durata:
45' 33"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
01.02.2013

 

Etichetta:
Mausoleum Records
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Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
Rock N Growl
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Recensione

Ed eccoci qua, di nuovo sulle pagine digitali di MetalWave per l'esame d'un gruppo a suo modo giovane: il sestetto multinazionale chiamato Raven Lord. Se quest'intro vi ricorda qualcosa, allora probabilmente avete letto dei Book of Job! É proprio il caso di evidenziare multinazionale in quanto i suoi componenti hanno nazionalitá greca, serba, italiana, inglese, e statunitense!!! Notevole rapportato anche all'unione che ne deriva! Tutti i membri sono ben rodati per questa esperienza anche da decenni di attivitá! Il presente debutto Descent to the underworld é sicuramente forgiato potentemente con una consistenza ben carica, fuso in melodie più o meno ricercate ed in vista, saldato saldamente dalle diversitá d'ogni componente per coesistere, ed imbevuto in dosi di stupore cosí come d'incredulitá dovuta alla grande prova canora di Csaba Zvekan!! Questo signore dei corvi ha da dirci, ascoltiamo insieme!
Tutte le canzoni dispari di quest'album cominciano con un breve intro fuorviante ma molto gradito. La prima The rebel ha come protagonista il chitarrista ritmico George Karafotis, e funziona ogni volta! Il brano prosegue col regolare drumming di Lawrence Larry Paterson che guida un riff chiaramente d'attesa; ed ecco che anche Joe Stump smuove le dita sulla sua ESP facendo notare "che ci sta". Da menzionare il gustoso ritornello farcito di doppia grancassa aiutata da mirati colpi alle campane dei piatti, ed esasperato dalla giá da qui impressionante voce del serbo Csaba Zvekan; ritornello che diventa parte della fine grazie al ritmo che si fa sempre più incalzante, e deciso!
Se stavate pensando ad un brano che cominci con la carica di cori d'incitamento gridati all'unisono, beh é ció che avrete con Attila the hun! Se poi qualcun'altro sta pensando di fargli seguire un urlo alto abbastanza prolungato, una serie vorticosa di note acute sulla chitarra solista, una strofa bella tosta, ed un'alternanza tra quest'ultima ed il ritornello caratterizzato da urla ipnotiche su un tappeto molto coinvolgente di doppia grancassa prima del secondo assolo di chitarra, allora deve ammettere d'aver diretto/prodotto più, o meno in segreto quest'album! Ma, come in The rebel, anche qui gli assolo risultano troppo soffusi, in ombra... . Starete pensando ad un effetto voluto, d'atmosfera/rispetto nei confronti del resto della band; cosí pensavo/speravo anch'io, ma i vari ascolti non fanno altro che confermare. Cosí non sono in risalto! In particolare quest'ultimo, molto veloce come lungo... che peccato! Fortuna che il brano torna sull'affascinante strofa-ritornello per quasi un minuto!!
Il secondo intro fuorviante é affidato ad un inglese, anzi: ai suoi piedi... Subito il lamento di chitarra fa capire che questo Let the show go on non avrá gli stessi connotati delle due che l'hanno preceduta. In generale voce, e ritmiche si portano bene avanti riuscendo a stabilire la canzone su buoni livelli, emotivi; peró la solista con i suoi molti interventi sa di giá sentito, e per di più la stessa equalizzazione dal principio non aiuta. Ben riuscita la fine!
L'inizio della seguente traccia non fa proprio sembrare d'avere affinitá col mood dell'appena finita: un bel riff emengente dall'acqua si fa largo, e prende il sopravvento: evoca una corazzata marciante dritto verso il nemico. Ahimé ben presto subentra l'intervento ossessivo dello statunitense Joe Stump che ricorda troppo da vicino quanto, e come fatto prima...! Solo dopo molti ascolti riesco ad intravedere un barlume di significato: potrebbe essere un voluto effetto fastidioso temporaneo per evidenziare il solido lavoro delle ritmiche, e per lasciarsi alle spalle il passato... . Confermo l'impressione: Seal of the cross prosegue rinforzata, come se la corazzata ritmica avesse annientato il ronzio del nemico solista, e come se la neo-entrata voce ne fosse la prova! D'ora in poi la canzone é solidissima; il ritorno dei cori é gradito, ed appropriato; la tastiera fa il suo lavoro; le due chitarre non bisticciano più; e finalmente sboccia un bell'assolo! In definitiva é un'evoluzione di Let the show go on.
Qualche chitarra in fortissimo overdrive + tremolo ci ricorda che stiamo per ascoltare una traccia dispari...! É la quinta, riuscita, Promised land, ottimamente masterizzata nonché grandiosamente suonata! Non sará il motivo dell'immediato cambiamento del mondo ma é parecchio divertente, presenta grintosi cambi di tempo (pur non essendo né thrash né progressive), azzeccati ritornelli, e bellissime ritmiche come sempre!! Chi si aspetta un finale pomposo (come me) rimarrá amareggiato. Peró doveva pur finire... .
Descent to the underworld continua con un rallentamento che non guasta, e sorprende con la riproposizione riuscita dello "scatto a cascata" di Stump...questa volta il risultato é un altro: altri suoni a disposizione, altri volumi, altri effetti, ma specialmente più modestia portano a riconoscergli merito per il passaggio! Forse c'entrerá il titolo Settle the score, sistemate il punteggio, ma sappiate che in questo brano i Raven Lord si divincolano molto bene sia in parti lente, passaggi atmosferici, e pezzi allegramente andanti...! L'ascolto di Settle the score é capace di far muovere perfino un pezzo di legno, a prescindere dalle dimensioni! Percui il brusco finale proprio non mi va giú.
Se Settle the score risultava allegra quanto divertente, la successiva Black friar s'incupisce optando per le tenebre; e ce la annuncia un corvo sghignazzante! Da qui le cose si fanno più serie! Csaba Zvekan, George Karafotis, Joe Stump, Lawrence Larry Paterson, Alessandro Duò, e Jamie Mallender sono una vera squadra, cupa, tenace, resistente, pesante, e reattiva!! Non si perdono in chiacchiere, macinano (in un senso leggermente limitato) solidamente ottenendo la prima canzone a base veramente mutevole dell'album...!! Arrivando all'assolo ci si rende conto d'avere a che fare con una spettacolare gemma di speranza euforica! Non mi stuferei mai d'ascoltarla! Purtroppo bisogna accontentarsi d'un finale scarno...per lasciare il posto a World out of steel.
Il suo intro pacato non trapela nulla della struttura che seguirá; struttura fatta d'ostinazione, velocitá, ed instancabilitá che porta dritti ad una specie di disperato breakdown con uno dei vocalizzi più suggestivi dell'album a cui il batterista rimane indifferente...continuando incessabile a scandire il suo ritmo anche per tutta la durata dell'imminente bellissimo assolo!!! Altra perla da godere in tutta la sua complessitá come ad esempio i finti finali!! Ottima pure la gestione del dopo assolo da parte della band che non perde mai il filo ottenendo finalmente una decente conclusione!
L'intro fuorviante di Revelation é ottenuto da tutta la band meno Csaba...Csaba che avrá occasioni d'odo per rifarsi...eh si perché questa é la sua canzone! Nonostante la band dia una strepitosa prova sotto ogni aspetto riuscendo di fatto a revertire l'andamento della canzone in più occasioni (per esempio sforna un'ammaliante assolo), la vera rivelazione rimane l'incredibile voce comprovata che ha ben poco di umano!!!
Sembra incredibile ma su questi livelli si muove, e continua pure l'abrasiva Metal knights...! Qui Csaba é principalmente cristallino in alternanza ai ruggenti doppi cori, ma nel finale tutto si rimescola. É uno dei brani più coinvolgenti, un must da gridare allo sfinimento ad ogni live...ma non solo!! A costo di sembrare ripetitivo, non posso non lodare l'entusiasmante operato di George Karafotis, tornato a primeggiare come nella prima metá del disco!
Infine la conclusione dell'album é un nostalgico Sun God piuttosto prolungato che arreca quel sano rimpianto di cose positive tipico di fine avventura.
Venendo alle conclusioni Descent to the underworld convince con la sua solida qualitá, sorprende con vocalizzi disarmanti, ritmiche ben riuscite, ed assolo infuocanti presentando buona differenziazione dei pezzi!! Non mancherá di divertire!

P.S.: Come compare sul sito ufficiale, a causa dei molti impegni nel realizzare un documentario, un libro, e nell'occuparsi d'una nuova band con Csaba Zvekan (gli Exorcism, con debutto previsto per il 2014) Lawrence Larry Paterson ha amichevolmente lasciato i Raven Lord, rimpiazzato da Richard Smith il 23/2/2013.

Track by Track
  1. The rebel 80
  2. Attila the hun 85
  3. Let the show go on 75
  4. Seal of the cross 80
  5. Promised land 85
  6. Settle the score 80
  7. Black friar 90
  8. World out of steel 90
  9. Revelation 90
  10. Metal knights 85
  11. Sun God 70
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 80
  • Qualità Artwork: 90
  • Originalità: 80
  • Tecnica: 90
Giudizio Finale
84

 

Recensione di Markiyan pubblicata il 23.03.2013. Articolo letto 1166 volte.

 

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