Red Rose «On The Cusp Of Change» [2013]
Recensione
Progressive Rock dal sapore medio-orientale: così si potrebbe etichettare “On The Cusp Of Change” dei Red Rose. L’aggettivo “medio-orientale”, oltre a descrivere in maniera abbastanza completa la contaminazione del loro particolare sound, si presta anche a mettere in luce la loro provenienza geografica, quell’Israele che incanta e affascina per la sua storia millenaria e che trova in questi cinque ragazzi degli ottimi esponenti della loro cultura in ambito Metal. La storia dei Red Rose é abbastanza recente: nati nel 2010 come band di stampo Melodic Hard Rock misto a Heavy Metal e Pomp Rock, il nome vuole rappresentare la loro visione delicata e romantica del sogno che deve fare i conti con le dolorose spine della realtà. Dopo il rilascio di “Live The Life You’ve Imagined” nel 2011, registrato in Danimarca sotto la produzione del ben noto Tommy Hansen, la band ha ricevuto fin da subito la propria consacrazione a livello nazionale e internazionale, un riconoscimento che ha dato nuovi stimoli ai Red Rose e al Producer per rientrare immediatamente in studio per la registrazione di questo secondo album. A parte la complessità a livello compositivo di questo nuovo capitolo dei Red Rose, le otto tracce di “On The Cusp Of Change” non offrono niente di nuovo a livello di originalità, tuttavia il disco é pervaso da un fascino che non lascia per niente indifferente l’ascoltatore. Leve Laiter (voce), Elnur Aliev (chitarra), Eli Reeve (basso) e Deion Kristen (tastiere) danno prova di una trovata maturità, che aggiunta all’alchimia conseguita in tutti questi anni e alle collaborazioni d’eccezione, a partire da quella del batterista Matan Shmuely (Orphaned Land) e alla grafica del disco, curata da Jobert Mello (Primal Fear, Sabaton, Benedictum), fanno di questo lavoro qualcosa di più che del naturale proseguimento di quanto mostrato nel disco d’esordio. L’attacco di “When Roses Faded” è da applausi, lunga intro strumentale che aleggia tra lo psichedelico e l’elettronico, melodia indianeggiante, poi il boom della sei corde per un inizio coinvolgente. “Chasing Freedom” si rileva più semplificato nella forma, ma non nella sostanza e mette in mostra le notevoli doti di Kristen alla tastiera. L’apice si raggiunge con “King Of The Local Crowd”, trama progressive ammirevole, pezzo denso e grintoso con un leggero tocco di vintage. L’atmosfera cupa di “Original Sin” e la nostalgica “Alone In The Night” lasciano spazio alla riflessione, discostandosi per un po’ dall’energia positiva trasportata dalle prime tracce. Il crescendo di “This Bitter World” e “Don’t Believe These Tales”, nonostante l’ottimo Prog non aggiungono nulla di innovativo. “Seize The Day” è il pezzo meno riuscito del lotto, introduzione con drum machine e pianoforte malinconico che vanno ad “inquinare” il buon contesto Progressive sinora creato, “senza arte e ne’ parte” in poche parole. Per concludere: l’esperienza internazionale acquisita in questi tre anni si nota, ma si ha l’impressione che manca ancora qualcosa a questi musicisti, quell’ultimo tassello dell’originalità che riesce a rendere magica la loro ricetta artistica. Magari il terzo tentativo sarà quello definitivo.
Track by Track
- When Roses Faded 70
- Chasing Freedom 65
- King Of The Local Crowd 75
- Original Sin 70
- Alone In The Night 70
- This Bitter World 65
- Don’t Believe These Tales 70
- Seize The Day 60
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 80
- Originalità: 60
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
70Recensione di Digprog pubblicata il 24.03.2013. Articolo letto 1673 volte.
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