Fear the Sirens «The Ruins We Used To Call Home» [2012]
Recensione
Ottimo album d’esordio per i romani Fear the sirens. “The ruins we used to call home” è un lavoro ben prodotto, con brani molto curati e che si collocano molto bene all’interno del genere Hardcore/screamo. Si sente sin dalle prime note l’ottima vena compositiva di questi ragazzi, con il brano “Odissea” e con il seguente “From here we start”, in cui vengono miscelati molto bene tutti i caratteri principali del genere – il tutto accompagnato da una produzione abbastanza buona. Il dualismo vocale è ben dosato, le partiture di chitarra sono energiche e melodiche, e gli arrangiamenti non sembrano per nulla arrabattati (come capita spesso in band di questo tipo; inoltre è ben azzeccata la scelta di intervallare i brani con brevi intermezzi strumentali per niente fini a sé stessi, “Where the ocean sleeps” e “A fire in the night”). Un fattore importante è la capacità di mantenere il disco sempre su livelli medio alti, lasciandosi ascoltare senza noia, con canzoni sempre abbastanza ricche e cariche di groove (“Ithaca” e “Rewrite the route” sono pezzi molto curati, da questo punto di vista). È comunque necessario precisare che in “The ruins we used to call home” non si trova nulla di veramente nuovo: i Fear the sirens, sia dal punto di vista compositivo che attitudinale, sono molto vicini all’ondata Hardcore statunitense, strizzando l’occhio spesso e volentieri (specie nelle partiture di chitarra) ai Pierce the veil e agli Asking Alexandria.
A ogni modo questo è un buon esordio, e se i Fear the sirens continueranno su questa strada probabilmente potranno produrre lavori sempre migliori, divenendo sempre più personali e aggiungendo magari quel piglio intenso e quasi drammatico che spesso caratterizza i big del genere, e che invece qui ancora manca.
BEST: “Ithaca” è il brano con il miglior arrangiamento, un bell’altalenare ritmico ed emozionale. “A new dawn” invece è il brano più bello e completo: conclude il disco lasciando l’ascoltatore in modo convincente.
WORST: “This is war” è l’unico pezzo in cui l’arrangiamento è un po’ confuso e quindi il risultato finale non coinvolge pienamente.
Track by Track
- My name is no-man S.V.
- Odissea 70
- From here we start 70
- Till the end of days 70
- Ithaca 75
- Where the ocean sleeps 65
- This is war 55
- Comet 65
- The reach 70
- Rewrite the route 70
- A fire in the night 65
- A new dawn 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 55
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
67Recensione di Depenso pubblicata il 08.04.2013. Articolo letto 1731 volte.
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