Der Geist «The Pain We Don't Feel» [2013]
Recensione
Con il loro debut album “The pain we don’t feel”, uscito nel 2013, la band di Palermo dimostra di avere una felice vena compositiva, che cura il dettaglio e ci tiene alla coerenza sonora, impreziosisce e rifinisce creando un suono lineare e ricercato allo stesso tempo. Le canzoni hanno una bella amalgama, non ci sono mai stacchi bruschi ma interessanti variazioni dei temi principali. Tutto questo ben si accorda a un growl/scream scuro, impetuoso e mutante che dona un’ulteriore nota di particolarità. Dopo un intro al pianoforte, l’album apre con “A moment”, un brano dalla sonorità disinvolta e scorrevole con intermezzi apocalittici, che guarda in basso verso l’abisso, aggrappandosi alla logicità della struttura e al growl fosco che spesso si trasforma in gelido scream. “Desert” contiene ritmi battuti, riff ripetuti, incrociati e armonizzati, impreziositi da parti solistiche mai presuntuose. In “Another cutting weapon” e in “Magic box” la sinfonia caliginosa dei Der Geist si fà graduata e sfuggevole, quasi una danza macabra. “Cornfields” ha più sfumature core, con un ritmo e riff martellanti e lyrics screamate scaraventate. In “The court of guilty ones” “Animals” e “My revenge” i Der Geist giocano molto sulla ritmica schizoide con ritmi e riff punteggiati nella prima, variazioni cadenzate e fantasmagoriche nella seconda e cambi di tempo ipnotici, complessi e oscuri nella terza. La band si congeda con “The struggle within”, un vero e proprio blocco sonoro compatto dove si aprono ferite melodiche sporadiche. Un metal dai sentimenti annientati ed esplosivi allo stesso tempo, quello dei Der Geist che si esibiscono con una maschera e che più che una band sono un “concetto”, come loro stessi si definiscono. Un’entità senza volto, uno spirito (il significato italiano della parola tedesca Der Geist) che trova dimora nella forma di una sonorità metal attraversata da più influenze e che riesce ad unire una certa finezza e intellettualità sonora con ritmi e venature sanguigne. “The pain we don’t feel” è un valido primo album che porta alla luce l’esperienza sonora di un band tecnicamente preparata, che non delude.
Track by Track
- Intro 75
- A moment 80
- Desert 75
- Another cutting weapon 70
- Cornfields 80
- Magic box 80
- The court of guilty ones 75
- Animals 75
- My revenge 75
- The struggle within 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 80
- Originalità: 75
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
77Recensione di Jezebel pubblicata il 07.05.2013. Articolo letto 1846 volte.
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