Vanhelga «Höst» [2012]
Recensione
In genere apprezzo molto i tipi di musica più strani e sperimentali e no, non apprezzo particolarmente il Black Metal cosiddetto “true” per una questione di percezione soggettiva delle onde sonore, ecco il motivo per cui questo “Host” forse avrebbe avuto bisogno di un altro paio di ascolti da parte mia ma dopo ben due ascolti di fila credo proprio di essere arrivato al punto di cottura; tuttavia non essendo in alcun modo un fan del genere probabilmente il mio giudizio suonerà forse più oggettivo di molti altri.
La band in questione, i Vanhelga, provengono dalla fredda Svezia e, come di consueto per molti progetti in quella zona portano al nostro tavolino un Black Metal dai suoni più che prevedibili, ciò che invece è ben lungi dall’essere prevedibile è quell’incessante aria di depressione (frutto di melodie anche piuttosto orecchiabili) che permea l’intera ora di durata del platter.
Chi è dietro a tutto ciò non è dato saperlo dal momento che si cela sotto lo pseudonimo numerico di “145188” e si occupa di tutti gli strumenti più le voci; nemmeno la figura che ha scritto i testi è rintracciabile chiamandosi “1853” per cui non è stato possibile da parte mia ricercare alcunché. Le uniche info che riguardano l’autore delle liriche come ex singer di supporto ai “Lifelover” (anche ironico!), altra band svedese che suonava Black e Depressive Rock scioltasi nel 2011.
Tornando al progetto Vanhelga appare chiaro fin da subito che non si tratta di Black Metal costruito in modo standard ma è composto da brani non tanto carichi di furia quanto tendenti alla malinconia, alla tristezza per mezzo di struggenti ed essenziali note di chitarra distortissima e pianoforte qua e là dal sapore piuttosto minimalista.
Non che la qualità audio faccia impazzire ma questo immagino sia alla base della proposta in sé, ecco perché molto probabilmente, se “Host” avesse goduto di una produzione cristallina sarebbe risultato un obbrobrio ergo c’è coerenza in ogni dove, coerenza e anche un pizzico di estro: “Livets Bitterhet” non è certo un brutto brano con quell’incedere acustico e quell’incipit pensoso e riflessivo che diventa iroso a poco a poco ma nemmeno l’elettronica “Armageddon” che ricorda un po’ il mondo dell’Industrial più diretto.
Sostanzialmente “Host” infonde una tristezza assoluta mista ad una personalità del tutto coerente e incentivata da una tecnica tutto sommato adeguata alla questione presa nel suo insieme.
Non fa per me di certo ma riconosco che il lavoro che alle sue spalle non è stato vano.
Track by Track
- A Sinister Longing 60
- Lugn 65
- Desperation 60
- Underbart Sant 60
- Overklighet 60
- Udda Tankar 60
- Sorg 65
- Pessimist 65
- Vilsen 65
- Armageddon 65
- Hopploes 60
- Livets Bitterhet 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 65
- Qualità Artwork: 60
- Originalità: 65
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
63Recensione di Carnival Creation pubblicata il 10.05.2013. Articolo letto 902 volte.
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