Dogforbreakfast «The Sun Left These Places» [2013]

Dogforbreakfast «The Sun Left These Places» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Jezebel »

 

Recensione Pubblicata il:
18.06.2013

 

Visualizzazioni:
751

 

Band:
Dogforbreakfast
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Titolo:
The Sun Left These Places

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
Reverendo Andrea Pernacchia
Plu "u scugnizz"
Fabio Zen

 

Genere:
Metal / Hardcore

 

Durata:
49' 54"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
26.04.2013

 

Etichetta:
Subsound Records
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Distribuzione:
Goodfellas
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Code7 Distribution
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Plastic Head
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Agenzia di Promozione:
Narcotica
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Recensione

Nel secondo album dei Dogforbreakfast “The sun left these places” si può capire quanto questa band è riuscita a distillare metal e hardcore per poi utilizzare quasi sempre solo l’essenza di questi generi. Sperimentazione, noise, dissonanze, riff ripetuti e con sopraffine variazioni, scream conciso sono le chiavi di lettura dello stile della band di Cuneo. L’album è una riflessione sul suono a tutto campo, in cui si dà importanza, consistenza e durata ad ogni singolo accordo e battuta. In realtà è un assistere all’atto di fare musica, che prende corpo man mano che i minuti passano, è un discorso che non ha mai un inizio e una fine precisa ma è sempre in divenire, in progressione. Le prime tre canzoni sono ognuna un pezzo di un puzzle che inizia e finisce con la stessa nota/rumore: dopo “January 21” che apre l’album e “Cypress grove blues” cover estraniante di Skip James, “Father sea” riprende e rielabora ritmi e accordi precedentemente utilizzati, guidata da una un’unica frase screamata. “The lady” e “Vision” sono più elaborate e costruite dal punto di vista ritmico, con accordi nervosi e dark. Dopo la strumentale “Last run”, nenia ombrosa e disarmonica che si disperde, più leggera dell’aria, arriva la violenza di “Tsaatan”, un brano con riff poderosi, ritmi assillanti e scream incisivo. Con “Red flowers” e “Pull the plug” i ritmi rallentano: brano in slow motion e reverse il primo, melodia decadente, corale, a tratti tribale (medievale), con una chiusa distorta la seconda. “The chariot of death” è un’implosione, con riff e ritmo doom sull’orlo del baratro. Il trio piemontese chiude l’album rispolverando le radici più estreme, sbrigliando chitarre, rullate e vocals rabbiose. I Dogforbreakfast giocano su suono aeriforme e sfuggente, puntando sulla sperimentazione e lo studio delle dinamiche per non rimanere attaccati al materialità del metal/hardcore, il tutto all’ombra di un sole che lascia la terra e che crea ombre materiali, mentali e devastanti, sconosciute alle coscienze.

Track by Track
  1. January 21 70
  2. Cypress grove blues 70
  3. Father sea 70
  4. The lady 75
  5. Vision 75
  6. Last run S.V.
  7. Tsaatan 75
  8. Red flowers S.V.
  9. Pull the plug 70
  10. The chariot of death 75
  11. Untitled 75
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 75
  • Qualità Artwork: 70
  • Originalità: 75
  • Tecnica: 75
Giudizio Finale
73

 

Recensione di Jezebel pubblicata il 18.06.2013. Articolo letto 751 volte.

 

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