Marry Me In Vegas «Hey Cap, We've Got a Situation» [2012]
Recensione
I Marry me in Vegas sono una band metalcore di Savona che si forma nel 2010 e che, dopo alcuni cambi di line-up e concerti di supporto a band come Texas in July, pubblica il primo album “Hey cap, we've got a situation” nel 2012. Non si può non notare che al microfono c’è una ragazza che urla furiosamente, in linea con la fortunata tendenza di un certo tipo di metalcore americano e anglosassone (vedi band come Aurora). I Marry me in Vegas conservano gelosamente le magiche formule del metalcore: riff e ritmiche veloci, breakdown qua e là per far scattare la molla e ravvivare i brani, strofa in growl/scream e ritornello più melodico cantato spesso in clean. A questo si aggiunge una maniera compositiva attuale, non sempre dipanata pienamente, dando vita a un lavoro “peso piuma” nel panorama metal, che cerca di aumentare la propria cifra stilistica non solo con l’inserimento del growl femminile, cosa ancora molto (troppo!) rara dalle nostre parti, ma anche immettendo riff avvolgenti e base ritmica martellante. A volte forse intimoriti da una violenza sonora che potrebbe sfuggire loro di mano, si rifugiano nella melodicità, non allontanandosi troppo dalle sicurezze che dà loro il genere. Dopo “Argh!”, che è un brano tipicamente metalcore con un ritmo sostenuto e in cui scream e clean si alternano armonicamente, in “Tortuga” i Marry me in Vegas si dilettano a surfare alcune delle alte onde sonore australiane (i maestri Parkway Drive aleggiano un po' ovunque nell'album) cercando di restare sulla cresta. “Black waves vs Red sky” è un brano che vede la collaborazione di Frez degli If I Die Today, che supporta egregiamente la parte delle strofe serrate, mentre il ritornello melodico e arioso è condizionato dal clean. In “Zombies eat brains, humans prefer hearts” il ritmo irrompe, dà il passo e infonde un po' coraggio. Si prosegue poi con una carica “Anchors like chains” e “Mayday”, una semi-ballad metalcore . In “Sinbad and the sands of time”, il growl /scream veloce e sanguigno, rimbalza da una parte all’altra, infiammando il suono. In “Screaming sirens” il bello slancio del brano precedente si fa ancora sentire a tratti. I Marry me in Vegas hanno il merito di proporre in Italia un metalcore female-fronted. Si percepisce che si sentono più parte di una certa tendenza “estera” del genere che, per non soccombere, apre la porta a suoni meno ribelli e angosciati. Ma, come succede spesso ad altre band, anche i cinque liguri rendono maggiormente quando lasciano il sentiero e si buttano a capofitto nelle dinamiche più sferzanti e radicali.
Track by Track
- Argh! 65
- Tortuga 70
- Black waves vs red sky 70
- Zombies eat brains, humans prefer hearts 70
- Anchors like chains 70
- Mayday 65
- Sinbad and the sands of time 80
- Screaming sirens 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 65
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
71Recensione di Jezebel pubblicata il 01.10.2013. Articolo letto 1012 volte.
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