Recensione

Né carne né pesce: è questo il sound dei Sofy Major, quantomeno per quel che riguarda il loro ultimo album, “Idolize”.
Al netto, dopo un ascolto più che accurato, il mio giudizio è in bilico fra l’esterrefatto e il confuso; innanzitutto, non comprendo come un album con un esoscheletro musicale così pesante e monolitico (possa durare oltre quaranta minuti senza mai delineare trame anche di poco più melodiche o introspettive.
Su dodici canzoni complessive, pressoché tutte fotocopie l’una dell’altra, solo un paio (“Comment” e “Steven Slow”) si salvano parzialmente dalla monotonia compositiva, sebbene macchiate da altre gravi pecche.
La classificazione “ufficiale” del gruppo è “noise rock”, ma risultano troppo pesanti le influenze di Melvins, Dead Kennedys, Soundgarden e Korn (tutti stili diversissimi) che si amalgamano male in una tempesta di gain e volumi sballati.
Benché ricca di potenzialità, la voce del cantante risulta pesante, monotona, anticamaleontica e limitata; discorso analogo è fattibile per il basso, mentre il lavoro della chitarra è decisamente grezzo, incolto e fedele a una sola idea compositiva (bella, ma poco originale e sviluppata).
La bocciatura non è totale, ma poco ci manca; cari Sofy Major, non avete vinto: ritentate, sarete più fortunati!

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