Obsidian Tongue «A Nest of Ravens in the Throat of Time» [2013]
Recensione
Gli americani del Massachusetts Obsidian Tongue arrivano a questo secondo album dal titolo chilometrico sotto Hipnotic Dirge Records, casa discografica che sembra avere un debole per le sonorità più diafane del Black Metal. E non cambia la musica con gli Obsidian Tongue, duo black metal atmosferico che per l’appunto predilige questo tipo di sonorità.
Ad un ascolto superficiale ci sarebbero tutte le premesse per inquadrare quest’album nel solito (odiato) canovaccio del filone post black metal, fortunatamente, però, “A nest...” è qualcosa di più: non è un disco troppo doom e con una sola parte black metal breve e non necessaria, come altre bands fanno. Qui il black metal è maggiormente presente e integrato nelle composizioni, rendendo l’album un po’ più diverso dalla pletora di “Agalloch wannabe” esistente, e addirittura è possibile ascoltare una certa diversificazione sonora tra canzone e canzone, con “The birth of tragedy” che riprende qualche elemento degli Enslaved, parti corali stile Pantheist nell’opener e riffs più personali nella seconda “Black hole in human form”, dotata tra l’altro di una conclusione acustica magari non del tutto necessaria, ma che comunque aggiunge varietà. E tutto questo nonostante una veste grafica che non mi colpisce e una resa sonora buona ma dove le chitarre mancano di un po’ di nitidezza nelle parti veloci.
Si tratta fondamentalmente di un disco abbastanza riuscito, questo, che però non è scevro da un difetto: la qualità compositiva va e viene. Anzitutto infatti in brani come la opener “Brothers in the stars”, ma anche altrove, si sente chiaramente che il disco nella radice è doom, non black metal, e proprio per gli amanti del doom è destinato questo genere, con pochi momenti graffianti e solamente uno (in “Black Hole in human form”) che non mi ha dato l’idea di “parte accelerata che però poteva pure essere lenta senza che cambiasse granché”. E a parte alcune digressioni acustiche un po’ insistite e non necessarie, come nella quarta e quinta canzone, a volte il songwriting degli Obsidian Tongue diventa un po’ pretenzioso, come se le canzoni fossero allungate a forza senza che ci fosse il bisogno di farle durare tutte almeno 8 minuti. La conclusione è affidata alla title track, un brano puramente doom, corale e con chitarre che disegnano riff tipicamente doom e dal sapore tragico. Manco a dirlo, il brano migliore è questo.
Insomma: malgrado mi abbia dato più sensazioni del solito disco post black metal, e riesca in certi obiettivi notevoli tipo quelli di proporre influenze meglio amalgamate tra loro e di provare a essere personale, “A nest...” ha comunque ancora alcuni difetti da limare: ha una personalità musicale ancora non ben definita in certe parti, resta pur sempre un disco più doom che altro, e a questo punto ci si chiede se una maggior varietà vocale e un distacco dalle tentazioni black metal non sia consigliato per aumentare la cangianza della band. Ma nonostante questi difetti, ciò che non si può negare è che gli Obsidian Tongue hanno fatto un lavoro che sa differenziarsi almeno in parte dagli altri dischi post black metal, e che ha alcune canzoni convincenti e pienamente riuscite, anche se, lo ripeto: questo disco mi ha fatto sorridere, ma francamente il disco post/atmospheric black metal che mi colpisce e mi fa impazzire devo ancora sentirlo.
L’acquisto del disco è consigliato agli amanti del doom e del post black metal per via di una maggiore originalità e una qualità non in discussione.
Track by Track
- Brothers in the stars 65
- Black hole in human form 70
- My Hands Were Made to Hold the Wind 65
- The Birth of Tragedy 60
- Individuation 60
- A Nest of Ravens in the Throat of Time 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 60
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
66Recensione di Snarl pubblicata il 22.11.2013. Articolo letto 983 volte.
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