Mind Control «Heptagon» [2014]
Recensione
Album di debutto per gli abruzzesi (e conterranei) Mind Control, che con questo disco uscito sotto Revalve Records ci propongono 7 tracce più intro di una musica straordinariamente difficile da definire. Sì perché sulle prime l’album sembra solo un buon album deathcore, ma ben presto non è così: la voce non è solo urlata e anzi c’è un cantante pulito appunto per questo, i riffs spesse volte sembrano riferirsi al death melodico e rifuggono gli stereotipi dei generi che finsicono per core, e addirittura a volte il feeling è power, un po’ cupo, ma pur sempre power. E tutto questo senza dimenticare assoli di tastiera qua e là e anche digressioni musicali che spaziano ancora di più e che conferiscono un che di prog all’album.
Confusi? Vi capisco se lo siete, ma il punto di forza di Heptagon è proprio questo: una musica che non ha paura di sperimentare e che riesce nell’arduo compito di mettere tanta carne al fuoco riuscendola però a cuocere bene tutta, o quasi. Per questo motivo facilmente ci si potrà trovare ad apprezzare la title track, che è la migliore del lotto, nonché “Visions”, opener vivace e frizzante che eccelle sia nelle parti lente che in quelle soliste. Altrove si può anche apprezzare la buona “The end of everything”, vagamente più easy listening in quanto melodico, e “Seven”, più orientata a sonorità tipo gli Strapping Young Lad.
Ne risulta dunque un album senz’altro buono e apprezzabile da chiunque apprezza lo spaziare tra generi e l’ecletticità compositiva, anche se va detto che in quest’album c’è una soluzione stilistica usata in quasi tutti i brani, cioè contaminare la canzone con interventi solisti lunghi e lontani dal genere metal. Ne siano esempio quello di “Memories”, un po’ troppo lungo, quello di “The civilization” che addirittura solca lidi smaccatamente jazz, a quello di “Utopia”, che sconfina in un simil tango con tanto di fiati campionati e fisarmoniche. Il risultato non l’ho gradito granché, in parte perché è una soluzione troppo ripetuta, ma anche perché dà all’album un che di troppo tecnico fine a sé stesso e che non tutti potrebbero apprezzare, limitandone quindi l’audience.
Ciò non toglie che chi non si pone problemi dal punto di vista dei generi musicali e non si fa problemi a sconfinare fuori dal metal, ha un disco che personalmente glielo consiglio caldamente. Gli altri gli dessero prima un ascolto.
Track by Track
- Zero (Intro) S.V.
- Visions 75
- Memories 70
- The civilization 65
- Heptagon 75
- The end of everything 70
- Utopia 65
- Seven 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 70
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
71Recensione di Snarl pubblicata il 02.12.2014. Articolo letto 2072 volte.
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