Absentia Lunae «Vorwarts» [2014]
Recensione
“Vorwarts” è l’album famigerato degli Absentia Lunae, quello del quale su internet se ne trovano notizie già dal 2011 e sin da allora che fece parlare di sé per ovvi motivi facilmente desumibili sin dalla cover o dal nome dell’album, e che riguardò anche un altro famigerato gruppo: i Disiplin. Oggi, dopo 4 anni di ritardi e dopo perfino un periodo di fermo della band, “Vorwarts” esce.
E devo essere sincero: per me gli Absentia Lunae sono e rimangono un mistero. Il mistero di una band che tenta di stare al passo con certi stilemi moderni del black metal più asettico degli ultimi Mayhem, ma anche di altri stili che si rifanno all’Apocalyptic Industrial music, come si può notare nella voce più declamata che tipicamente screaming, e nella lavorazione dei suoni, profondi e parecchio che puntano sull’atmosfera, ma che in realtà finiscono per essere, detto francamente, un copia e incolla di robe già sentite da altri in passato. Si perché “Vorwarts” è un album che per quasi tutto il tempo dell’album suona mediocre nelle parti più veloci e black metal, con riffs a volte davvero banali, come la prima parte di “Tragedy told by golden horns”, che a volte suona veloce ma è sempre per poco tempo visto che poi la band senza motivo finisce per impantanarsi in mezzo a dei tempi lenti che in effetti creerebbero anche delle belle atmosfere sospese. Qui infatti i riffs migliorano, ma sono sempre gli stessi e sono mantenuti per troppo tempo, e l’effetto dei brani viene annichilito per l’impossibilità di donare un climax parossistico crescente all’interno della canzone, e all’atto pratico le canzoni risultano troppo lunghe e ripetute.
Insomma: “Vorwarts” per me presenta esattamente lo stesso identico problema di certe bands post black metal: ad una componente black metal ne combina un’altra esterna al metal per donare più atmosfera (in questo caso, l’apocalyptic industrial), ma ne risulta che le parti apocalyptic restano comunque marcate dall’essere meno efficaci e dal mancare di profondità e di evocatività da chi davvero fa questa musica, mentre quelle black metal risultano castrate e neutralizzate. Probabilmente per fare spazio alle influenze apocalyptic e per non rendere l’album troppo normalmente black metal. In altre parole, “Vorwarts” è un disco con entrambe le componenti del songwriting che non mordono come dovrebbero, dove Thorns e Dodheimsgard sono decisamente un altro pianeta, e le cui canzoni sono troppo allungate e annacquate. Più annacquate del vino di un oste senza scrupoli. Senza rancore.
Track by Track
- Dissolution mechanism 55
- Furor of the monuments 50
- Rapace planare 55
- Manipulated statues of flesh 60
- Vorwarts 50
- Tragedy Told By Golden Horns 50
- L’arrivée 50
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 60
- Qualità Artwork: 60
- Originalità: 50
- Tecnica: 50
Giudizio Finale
54Recensione di Snarl pubblicata il 31.01.2015. Articolo letto 1934 volte.
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