Di'Aul «Garden of Exile» [2015]

Di'aul «Garden Of Exile» | MetalWave.it Recensioni Autore:
Wolverine »

 

Recensione Pubblicata il:
31.05.2015

 

Visualizzazioni:
2137

 

Band:
Di'Aul
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Titolo:
Garden of Exile

 

Nazione:
Italia

 

Formazione:
- Mimmo Cinieri :: voice;
- Daniele Mella :: Guitars;
- Jeremy Toma :: Bass and voice;
- Diego Bertoni :: Drums;

 

Genere:
Heavy-Doom / Southern Metal

 

Durata:
43' 9"

 

Formato:
CD

 

Data di Uscita:
2015

 

Etichetta:
Thisiscore Label
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Distribuzione:
---

 

Agenzia di Promozione:
---

 

Recensione

In puro stile Black Sabbath i nostrani Di’Aul, band originaria di Pavia, all’attivo dal 2011, mettono sul mercato questo loro nuovo album in totale autoproduzione intitolato “Garden of Exile” dove propongono un sound fangoso e opaco in grado comunque di farci assaporare quasi tre quarti d’ora di doom carico come un macigno. In ogni caso dai distorti proposti emerge in maniera lenta ma avvolgente quell’andatura che, nella sua non troppa fantasiosità, resta comunque d’impatto e a tratti coinvolgente così come anche i lead eseguiti. Da come dichiarato dalla stessa band, tutto il lavoro è stato autoprodotto in una cascina di campagna dove per la registrazione sono stati volontariamente uniti elementi in digitale con altrettanti elementi derivanti da incisione su registratore a nastro magnetico proprio per rendere il più naturale possibile il sound; quindi se siete alla ricerca di musica dal suono nitido, raffinato, pulito, questo non è il disco che fa per voi. Il suono come detto è ruvido, grezzo, sporco, un lavoro che piace o non piace a seconda delle personali tendenze musicali. Quanto alle otto tracce proposte si parte in maniera possente con “Till 24” brano che mette subito in chiaro le cose: riff dal portamento lento e ruvido che piaciono senza esagerare troppo; a seguire “Born in Black” la cui sonorità utilizzata mi ricorda vagamente un po’ quello di Kerry King, ma non ne so il perché sinceramente! In ogni caso il brano, seppur diverso, ha molto in comune con i Sabbath; è poi la volta di “Mistery of Doom” la cui andatura lenta e sporca sembra ruggirci in faccia per quanto vuole farci paura; il vocal va di pari passo con la ritmica ma è in ogni caso ben concepito per questo tipo di sonorità; “In the Wood” ci offre invece un intro a colpi di basso e dal sapore tetro che poi, sempre in maniera assolutamente lenta, prende corpo un po’ alla volta dando quasi quella sensazione di respirazione ante mortem; più decisive le andature della successiva “Reborning” dove accanto al doom sembra avvicinarsi a anche una sorta di sludge dalle tonalità e ritmiche quasi inaspettate; “Funeral Blood” pezzo quasi al limite dell’agonia sempre in modalità distorta e andature a passo d’uomo che nella seconda metà del brano con un riff di portata più intensa del precedente rimette un po’ in carreggiata l’intero brano; “Black Snake Voodoo” con un arpeggio in distorto decolla ritmicamente un po’ di più rispetto alle precedenti offrendo maggiore sicurezza e portamento; il brano di chiusura intitolato “The Fallen” ci propone un intro dal cantato quasi in lamento unito ad un sottofondo di arpeggio acustico ben eseguito pronto ad anticipare la successiva andatura spinta il giusto e sempre dal sound assolutamente ruvido e graffiante. Il lavoro proposto, al di là della registrazione che offre un risultato non certo eccelso, lascia degli spunti tali da riconoscere a questa band una discreta vena compositiva.

Track by Track
  1. Till 24 70
  2. Born in Balck 65
  3. Mistery Doom 65
  4. In the Wood 65
  5. Reborning 60
  6. Funeral Blood 70
  7. Black Snake Voodoo 65
  8. The Fallen 55
Giudizio Confezione
  • Qualità Audio: 60
  • Qualità Artwork: 65
  • Originalità: 70
  • Tecnica: 65
Giudizio Finale
65

 

Recensione di Wolverine pubblicata il 31.05.2015. Articolo letto 2137 volte.

 

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