Recensione

Direttamente dal Brasile questo incitoso trio chiamato Kamala, giunto già alla quarta fatica personale, ci propone un Thrash Metal raffinato dall’inserimento di motivi e ritmiche in chiave arabesca che giova non poco a questa band dimostrando sin da subito una sorprendente singolarità per un genere come il Thrash. I dieci brani proposti, pregni di aggressività e spinti a dovere, danno prova che la terra brasiliana, a distanza di quasi trent’anni dagli onnipotenti Sepultura, è ancora in grado di presentarci band di particolare forza ed energia anche spiritualizzata come questa dei Kamala. Da segnalare che questa band ha già diviso i palchi con numerosi artisti del calibro dei Sepultura, unitamente altre band come Biohazard e Gleen Huges dando un’ottima conferma delle proprie già indiscusse capacità. Anche l’artwork di questo full lenght forse vuole interpretare i tre musicisti che, con la loro innata aggressività e con il loro avvincente sound, possono abbattere ogni muraglia che incontrano proprio come fanno gli elefanti con la loro immensa forza. Il sound proposto è nitido, riff rabbiosi, drum machine inarrestabile e fantasiosa nelle ritmiche, lead guitar travolgenti e spesso, come detto, pregni di elementi arabeggianti. Anche la parte cantata collima perfettamente con le ritmiche e le andature proposte. Il lavoro inizia con “Warning” un intro in chiave indiana che vuole in pratica metterci in guardia da ciò che sta per scatenarsi con il successivo brano intitolato “Mantra” colmo di aggressività e scandito ottimamente nel sound e nella ritmica che mai si abbassa minimamente a situazioni di cedimento. La ritmica non perde un colpo neanche con la successiva “Alive” dai riff infuocati uniti a palm muting inarrestabili, ritmica in doppia cassa avvincente e pronta a mutare direzione in una frazione di secondo; “What we Deserve” un thrash old style dai riff semplici con venature arabeggianti spinte e ben composte dove la parte cantata a tratti ricorda un po’ Randy Blythe; è poi il turno di “Better Energy Less Anger” dove è la drum machine a dettare le regole del gioco, i riff sono pieni di aggressività e taglienti come lame, un brano che si avvicina molto come genere al Death; “My Religion” dall’intro ritmato a dovere ma pacato nel riff proposto che ben poco ci mette ad esplodere e a trascinare tutto in un incredibile vortice senza uscita. “Becoming a Stone” brano che si propone sempre con un intro rabbioso e spinto per poi divenire più moderato; “Airavata” altro brano strumentale in flauti arabi spettacolari che anticipano la successiva “Erawan” sempre con un andatura araba dall’effetto sorprendente che prepara il gutturale della parte cantata unito ad un incredibile lavoro tra doppia cassa e riff ruggenti; un intro di chitarra acustica, quasi malinconico, ci anticipa il brano finale “Suicidal Attack” che esplode come una bomba offrendo un sound brutale annesso da un’ottima componente armonica. Un lavoro incredibilmente completo, singolare, nitido nel sound e dalla avvincenti ritmiche che elogia questa band ponendola molto al di sopra della comune media. Disco assolutamente da avere.

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