Promethee «Unrest» [2015]
Recensione
Seconda prova di forza il quintetto svizzero Promethee, di Ginevra per la precisione, che propone questo incredibile ed intenso dodici tracce intitolato “Unrest” attraverso un potente hardcore metal progressive che fregia questa band, ad avviso di chi scrive, tra una delle migliori del genere sia per il modus operandi che per la tecnica ed altrettanta precisione chirurgica con cui sono ben disposte le singole tracks. Nel corso dell’ascolto si assiste ad una incredibile varietà sia di ritmiche che di riff, potenti come macigni, oltre che di altrettanti proposizioni armoniche che lasciano quasi di stucco; ben eseguita è anche l’interpretazione canora in grado di assumere mutamenti di tono senza troppe esitazioni; stesso discorso per i lead solo e per l’ottima interpretazione eseguita dietro le pelli. L’ascolto si avvia con il primo brano “Our common Fall” dalla partenza intensa e ottimamente scandita nelle ritmiche; buono anche il refrain di sottofondo eseguito da una delle due guitar; “Unspoken” ottimo metal core dalle incredibili variazioni armoniche; la potenza non cala neanche con il successivo “Dark Soul” brano di incredibile fattezza e dinamismo musicale, riff travolgenti, calibro energetico alle stelle; il secondo lead solo ci ricorda un po’ lo stile del grande Magnum Soderman dietro le file degli Slapdash; prosegue l’ascolto del lavoro con “Frostbite” intro in acustico distorto ma dai toni leggermente più moderati rispetto ai precedenti; “Age of Unrest” ritorna sui toni dei precedenti brani spinta a dovere con l’apporto di riff granitici, ritmiche incredibilmente incisive, mentre la seguente “The Sour Taste” offre una ritmica quasi più moderata, in puro Hardcore, che condiziona l’intero brano rilevando una incredibile simultaneità compositiva dei singoli strumentisti; “Broken Structures” apre con un riff sinergico dove l’insidiosa rimica calibra il brano offrendone una compattezza incredibile; momento quasi riflessivo con “Vacant” dall’intro in chiave acustico distorto che non cala i toni precedenti grazie anche all’incredibile armonia che si viene a concretizzare; l’ascolto procede con “Inert and Bound”, dall’intro proposto con un fraseggio distorto moderato, al limite dell’univoco, che offre ancora una volta uno splendido risultato esecutivo del brano; “Dead Motion” strumentale in acustico moderato che placa comunque i toni irruenti sin ora ascoltati; “Lost body”, più pacato rispetto ai primi del platter, dove ancora una volta si assiste ad una buona realizzazione con attimi quasi dai toni hard rock che non guastano affatto dopo l’incredibile ascolto e carica energetica offerta. Il disco chiude con “Echoes of Universe”, brano tra l’altro più lungo del lavoro, realizzato con un intro moderato, rilassante, quasi a dimostrare che la band, oltre ad essere geniale ed ottimamente potente nel genere proposto, è anche in grado di offrire momenti molto riflessivi che in ogni caso si alternano, in questo specifico brano, anche con fraseggi e lead solo in hard rock pur mantenendo la propria grande vena hard core metal. Disco assolutamente da avere.
Track by Track
- Our common Fall 80
- Unspoken 80
- Dark Soul 80
- Frostbite 85
- Age of Unrest 85
- The Sour Taste 80
- Broken Structures 80
- Vacant 80
- Inert and Bound 80
- Dead Motion 85
- Lost body 85
- Echoes of Universe 75
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 85
- Originalità: 85
- Tecnica: 85
Giudizio Finale
82Recensione di Wolverine pubblicata il 05.08.2015. Articolo letto 1429 volte.
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