No Frontiers «Moving Forward» [2016]
Recensione
Nonostante l’esperienza musicale accumulata nel corso di 16 anni di attività e l’affiatamento artistico che si evince dal loro groove, la band milanese dei No Frontiers non raggiunge livelli elevati di originalità creativa. Lo si evince dall’ascolto del loro secondo LP, “Moving Forward”, pubblicato nel giugno 2016 per l’etichetta genovese This is Core. Il sound sembra spaziare, in modo ibrido e caotico, verso l’hardcore melodico e il punk-pop dei gruppi revival punk californiani ai quali i No Frontiers si ispirano, primi tra tutti i Green Day. Ma nel complesso, il tessuto sonoro risulta molto datato, old style, ripercorrendo le vie del già sentito. Già l’ “ondata punk rock degli anni Duemila” non è di per sé vero e proprio punk rock, ma poi, se viene copiata male, il risultato è pessimo. “Moving Formward” si apre con la non brillante song “Delay”, che annuncia la cifra di tutto l’album: echi nostalgici e senza costrutto. Si passa poi a “Hiccups” e si respira un minimo di hard core melodico più aggressivo che verte verso il metal anni ’80 anche per con i cori “maideniani”. L’influenza dello pseudo punk californiano si evince chiaramente in “Wake up call” e “1059, W.Addison St.”, ma le melodie che sottendono la struttura di questi due brani appaiono semplici in modo imbarazzante e tutt’altro che avvincenti, ricordando a tratti quelle dei Finley. Lo stile vocale del cantante Riccardo May ricalca quello di Billie Joe Armstrong, ma senza grinta né partecipazione e si arriva, in alcune song, a delle stonature imperdonabili per un cantante professionista. Influenze grunge per il pezzo “Counting Down the Days”, un po’ più curata forse rispetto alle precedenti, ma che in ultima analisi risulta anch’essa prevedibile, monotona e old. Almeno in “Paradox” c’è un minimo di sound punk-rock alla Prozac + e Green Day come costruzione della struttura. Ma il problema delle melodie troppo scontate e datate si ripresenta, così come il sound nostalgico anche nei riff di chitarra. La batteria è piatta e gli stacchi finali che vorrebbero ricalcare lo stile punk sono ripetuti, conferendo alla canzone un carattere molto grossolano. La situazione non cambia in Scream “Your Name!”, inespressiva e lapalissianamente ispirata al sound dei Green Day mentre il già sentito e la banalità della melodia re-incombe in “Hobo Soul”, caratterizzato da un duetto con una non brillante voce femminile. Canzone conclusiva di “Moving Forward” è una canzone in italiano “Semplice”. Qui gli interventi di chitarra salvano l’intera canzone. Sempre discutibile la melodia così come la struttura e imbarazzanti risultano le stonature di Riccardo May e il finale a sfumare sciatto.
Track by Track
- Delay 45
- Hiccups 55
- Wake up Call 40
- 1059, W.Addison St. 50
- Counting Down the Days 50
- Paradox 60
- Scream Your Name! 55
- Hobo Soul 55
- Semplice 55
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 45
- Originalità: 30
- Tecnica: 45
Giudizio Finale
48Recensione di Susie Ramone pubblicata il 09.08.2016. Articolo letto 742 volte.
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