Istvan «Istvan» [2016]
Recensione
Traendo ispirazione dagli insegnamenti del medico e religioso tedesco Angelus Silesius , questi giovanissimi ragazzi provenienti da Forlì chiamati Istvam, realizzano il loro primo full lenght chiamato con lo stesso titolo della band con l’intento di proporci un doom psichedelico dai suoni pesanti e dalle atmosfere drone nebulizzate non prive di andature laviche tra distorti e contesti sonori in modalità acustico. Il lavoro, prettamente strumentale, pur armonizzandosi con rari quanto lievi contesti vocali, tende a immedesimarsi tra spiritualità, filosofia misticismo e quant’altro generando melodie deserte, irreali, al confine tra il materiale e l’inesistente originando su contesti pacati l’irruzione quasi inattesa di distorti polverosi e andature in puro doom settantiano pur sempre condizionato dalla persistenza del drone. I brani, tutti inizialmente pacati, moderati e semplici ad effetto delay, lasciano spazio alla mente dell’ascoltatore per un ottimo relax non scevro da immaginari quanto surreali ambientazioni al di là dello spazio e del tempo. Il sound non appare in ogni caso confusionario concentrandosi in verità in una dinamica doom dagli esiti e dalle andature sostanzialmente appaganti. Brano d’apertura è “Bohor” un pacato inizio acustico effettato per un successivo e concludente risultato diretto in un doom dronizzato. Il successivo “Mire”, altro brano strumentale si imbatte più che altro su un nuovo contesto doom questa volta maggiormente melodico per il discreto lavoro di una chitarra wah wah in tipico assetto anni ’70; non da meno i successivi “Stonemille”, un brano riflessivo al massimo e spirituale all’interno del quale la band è alla ricerca probabilmente di quella spiritualità che lega il terreno al di là e “Rundweg” che ci riconduce in partenza a quelle atmosfere puramente ipnotiche, miste ad un heavy quasi più rock, all’interno del quale il trio sa ben districarsi sobbalzando con una semplicità inaudita ad improvvise andature velocizzate in puro stile doom sabbathiano poi ridimensionate in altre andature desertificate; “Kenosis”, con i suoi dieci minuti trascina l’ascoltatore nel suo vortice misto tra realtà e fantasia. Un album d’esordio questo “Istvam” che dimostra il potenziale di questa giovane band alla realizzazione e alla propensione di sonorità particolarmente ipnotiche e trascendentali miste di quella corretta dose di doom settantiano che non guasta mai.
Track by Track
- Bohor 70
- Mire 65
- Stonemill 65
- Rundweg 65
- Kenosis 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 75
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
68Recensione di Wolverine pubblicata il 24.11.2016. Articolo letto 1124 volte.
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