Ash and Coal «Legacy» [2017]
Recensione
Formatisi in Svezia nel 2008 per iniziativa del cantante e chitarrista Viktor Klint, gli Ash and Coal danno alla luce questo primo full lenght “Legacy”, anticipato solamente nel 2013 dall’ Ep intitolato Agnostica, con il quale la band ripropone quel genere composto da Dark, Heavy Rock e Metal dai contenuti perennemente malinconici che li aveva resi noti già nel 2013. Il platter, composto da dieci brani, si ispira sostanzialmente a band quali Danzig, Thastrom, Nick Cave ed altre band che racchiudono black, doom ed annessi. L’impressione che si percepisce all’ascolto è quella di assistere ad un insieme di generi la cui base predominante è composta da un dark doom all’interno del quale le melodie risultano prevalentemente orecchiabili inclusi i ritornelli cantati dei brani; le chitarre appaiono quasi affaticate nel trascinare l’oscurità che le contraddistingue tra una nota e l’altra dove a fare spesso la differenza è il buon clean vocale che spesso si alterna ad un cantato più orientato quasi sulla narrazione. A dispetto di un’apertura quasi trascinante dataci da “Never Learn”, con ritmica moderata ma creativa allo stesso tempo, contornata da un buon clean vocale e da refrain di chitarra subito memorizzabili, segue “Tell Them not to be Afraid”, un brano caratterizzato da un doom nitido all’ascolto, con qualche brandello di melodia ma nel complesso decisamente monotono nei contenuti dove a fare la differenza su una base musicale decisamente elementare base è solamente l’espressività del cantato; non cambia poi molto neanche con il successivo “War in Coming” dalle andature quasi post metal proiettate alla ricerca dell’oscuro e del malinconico; “Everyone’s a Misanthrope” rimette un po’ il sorriso sulla bocca per le sue andature dinamiche e più heavy nei contenuti; i successivi “Evil One” si differenziano il primo per essere particolarmente monotono nei contenuti mentre il secondo “Rip it” trascinante con il suo rock’n’blues derivato assolutamente diretto all’ascolto e divertente; un arpeggio malinconico heavy caratterizza “The Eating Fire”, sostanzialmente in crescita per il successivo inserimento di distorti ma di fatto sin troppo poco fantasioso nei contenuti; “Black Waters” malinconia e distorti percorrono a braccetto l’intero brano abbellito dal buon ritornello sia cantato che suonato; si giunge poi a “The Value of Sparrow“ altra miscela di generi collegati tra doom, dark e heavy che conduce al conclusivo “We Fall” con andatura moderata e decisamente melodica con un interessante ritornello cantato. Il disco scorre a fasi alterne, alcuni brani appaiono radicati su andature troppo monotone e statiche mentre altri appaiono più dinamici e piacevoli all’ascolto dandoci comunque prova di una band che, se vuole, può dare ancora molto di più.
Track by Track
- Never Learn 75
- Tell Them not to be Afraid 60
- War in Coming 60
- Everyone’s a Misanthrope 70
- Evil One 55
- Rip It 70
- The Eating Fire 55
- Black Waters 60
- The Value of Sparrow 60
- We Fall 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 65
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
64Recensione di Wolverine pubblicata il 03.02.2017. Articolo letto 1201 volte.
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