Malamorte «Satan Goes To Heaven To Destroy The Kingdom Of God» [2017]
Recensione
Avevo già sentito parlare ai tempi di myspace di questi Malamorte da Roma, per un vecchio brano che avevano pubblicato (non so neanche in quale release stia o se l’hanno scartato) e che invero mi piaceva parecchio, molto Mutiilation. E con un titolo e una copertina del genere mi aspettavo un bell’assalto sonoro, sulla scia di bands come Bestial Mockery, e invece ci sono rimasto quando leggendo il flyer introduttivo, i Malamorte da Roma ora fanno un heavy metal a tinte horror, con l’intenzione di stare sulla scia di Death SS e King Diamond, con alcuni rimandi al doom/rock e praticamente mai al black metal. Nulla di male, ma mi ha spiazzato.
Detto questo, l’ascolto di questo secondo album si rivela un costante andirivieni di luci e ombre, di buone idee ed altre non sufficientemente sviluppate: nella fattispecie, va detto che sebbene l’opener “Thorn in the flesh” si rivela abbastanza nella media e troncata malamente alla fine, la verità su quest’album la dicono i due brani successivi. “Waiting for the end of christianity” mostra degli spunti interessanti e rivela una competente devozione ai primi Mercyful Fate di “Don’t break the oath” nel mood e nelle linee vocali che invero fanno il loro lavoro, ma l’efficacia del brano viene neutralizzata alla fine da alcuni riffs più innocui, mentre “Unholy cult” è un brano decisamente riuscito per l’organo, ma io ci sento anche delle influenze goth che trovo inopportune, che spostano troppo l’equilibrio sull’atmosfera e poco sulla malignità del brano, non facendolo spingere come dovrebbe. Idem dicasi per la title track, dotata anche di un bel ritornello convincente, ma con alcune parti nuovamente troppo atmosferiche e goth, dove l’heavy metal dei Malamorte necessità di più potenza e magari anche di aggressione. A dire la verità, “Ode to damnation” ci prova ad alzare i battiti per minuto, ma torna subito sui suoi passi e dal punto di vista metal finisce per essere nella media, mentre un discorso a parte merita “Aut satan aut nihil”, che rivela la componente puramente atmosferica dei Malamorte; non è male, ma è parecchio scollata da tutto il resto fatto finora, talmente tanto che ti fa chiedere dov’è che sta esattamente la personalità musicale dei Malamorte e se abbiano bisogno di continuare a fare il punto della situazione e di puntare il baricentro della loro musica.
In conclusione: “Satan goes...” non è scevro da difetti e forse ha la colpa di avere un songwriting legnoso, ma riesce in alcuni notevoli obiettivi, come il riprodurre dei mood malefici che ci rimandano senza scimmiottare ad alcuni grandi classici, e anche di dare una certa cantabilità all’intero songwriting, che è un plusvalore non da poco in un genere come questo dove a volte i dilettanti del genere credono che basti mettere due luoghi comuni horror. Non si tratta ancora di una band vincente e a dir la verità il lavoro da fare per migliorare c’è, ma i Malamorte hanno la loro ragione di esistere e comunque la loro musica ha solide basi che li differenziano dai wannabes di questo genere. Se lo stile tipo Abysmal Grief è ciò che vi affascina di più, un ascolto al secondo album dei Malamorte è consigliabile.
Track by Track
- Intro S.V.
- Thorn in the flesh 65
- Waiting For The End Of Christianity 70
- Unholy Cult 70
- Satan Goes To heaven To Destroy The Kingdom Of God 75
- Intermezzo S.V.
- Blasphemies For The Horned God 70
- Ode To Damnation 65
- Aut satan aut nihil 70
- Outro S.V.
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 60
- Tecnica: 70
Giudizio Finale
68Recensione di Snarl pubblicata il 06.06.2017. Articolo letto 1807 volte.
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