Eva Can't «Gravatum» [2017]
Recensione
Da tenere indubbiamente d’occhio è questo quarto lavoro dei bolognesi Eva Can’t intitolato “Gravatum”, band oramai più che nota nella scena underground nazionale anche per le uscite che hanno preceduto questo nuovissimo lavoro. I sette brani racchiusi nel platter, oltre ad essere realizzate brillantemente con l’ormai noto stile della band, un metal particolarmente drammatico e teatrale, lasciano sin dai primissimi istanti di ascolto una certa malinconia ma anche una sensazione di soddisfazione dovuta alle valide intuizioni strutturali dei brani ricchi di melodici e di particolari atmosfere tutte da ascoltare. Il clean vocale, lascia particolare spazio anche alle prolungate sonorità ricche di riff e di annesse melodie che non tardano a rimanere impresse nella mente dell’ascoltatore; difficilmente si assiste a dinamiche tirate o esasperate ma solamente ad una innata concentrazione volta a rendere al meglio l’esempio di un lavoro completo e stilisticamente decadente e malinconico sotto il profilo dello stilistico della band. Le tracce si alternano tra andature distorte con squarci acustici dove si assiste al meglio alle buone prove del clean vocale. L’apertura è affidata a “L’alba ci Rubò il silenzio”, determinato ma pur sempre strutturalmente alternato oltre che particolarmente malinconico nei contenuti; molto accattivante è “Apostasia della Rovina” sia per il riff della chitarra che per il successivo accompagnamento; nella seconda metà si assiste ad un segmento recitato che pare quasi un rap che non trovo attraente come la successiva ritmica che conduce sino alla fine; nuovo assetto malinconico decadente si ha con “La ronda di Ossa”, incentrato su contesti tendenti al folk metal ma indubbiamente d’impatto e profondo anche nel cantato; i successivi “Oceano“ e “Terra”, si incentrano sulle classiche andature della band moderate ma allo stesso tempo profonde e intense; è poi la volta di “Gravatum”, una intensa interpretazione i cui contenuti paiono particolarmente pacati, quasi a volere trasportare l’ascoltatore in un profondo abisso senza poter più riemergere; si giunge al conclusivo “Pittori dal Fulgido Astratto” con i suoi sedici minuti di ascolto tra melodie, pianoforti, atmosfere vivaci e in alternanza decadenti in grado di dimostrarci la grande capacità che ha la band di stupire nel corso dell’ascolto. Un’ennesima conferma degli Eva Can’t che omaggiano al meglio il made in Italy.
Track by Track
- L’alba ci Rubò il silenzio 75
- Apostasia della Rovina 80
- La Ronda di Ossa 80
- Oceano 75
- Terra 75
- Gravatum 75
- Pittori dal Fulgido Astratto 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 80
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
77Recensione di Wolverine pubblicata il 20.07.2017. Articolo letto 2195 volte.
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