Hornwood Fell «My Body, My Time» [2017]
Recensione
L’ascolto di questo terzo lavoro del duo black avantgard metal band dei Hornvood Fell intitolato “My Body, My Time”, si rileva sin dalle prime battute vario nei contenuti ma parallelamente anche un po’ piatto in alcuni contesti. Il sound della band, nel complesso anche discretamente nitido, si incentra su alcuni passaggi più cupi offrendo melodie in alternanza a contesti più melodico atmosferici. Ciò che caratterizza lo stile della band è forse il cantato che diversamente da numerose band pare più orientato su un clean ai limiti dello spiazzante per il contesto ritmico che lo circonda. I primi tre brani del disco ritmicamente si presentano un po’ in modalità copia e incolla per quanto concerne le andature tirate in modalità black metal anche se le pause interne, avvolte da strumentali acustici, risultano di maggior profilo compositivo; il clean si contestualizza con qualche lieve passaggio appena più aspro ma mai si rileva troppo cattivo o demoniaco. L’ascolto in ogni caso non rivela sin troppe sorprese o emozioni a cominciare dal trittico in apertura “The Returned”, “Her Name”, e “Dark Cloak” le cui differenze si riscontrano solo in qualche passaggio melodico acustico, non accelerato, dal sapore più cupo; in altri brani quali “Passage” e il successivo “Run Through” il clean appare addirittura fuori luogo in quanto caratterizzato da una delirante performance che ad avviso di chi scrive, dà un po’ quell’impressione di essere poco collimante con il genere suonato. Quello che in sostanza potrebbe apparire il brano forse più apprezzabile di questo lavoro ovvero “The Livid Body”, stanti le discreti variazioni ritmiche, pare nuovamente caratterizzato da un delirante clean che forse non offre quell’impatto che l’ascoltatore si attenderebbe dal tipo di struttura compositiva; in definitiva il brano assurge ad una matrice più sperimentale, quasi progressive nella sua seconda metà, che si adagia su un moderato sound di synth conclusivo. Anche il conclusivo “Hidden Land” risulta probabilmente più curato dei precedenti offrendo purtroppo nelle parti più tirate la solita ritmica a martello spenta e già sentita e risentita. Un disco che, come terzo lavoro per una band già in auge da qualche anno, sinceramente risulta un po’ deludente, in ogni caso i migliori apprezzamenti vanno per le parti melodiche e per quei passaggi più moderati che meglio offrono il potenziale della band.
Track by Track
- The Returned 50
- Her Name 55
- Dark Cloak 55
- Passage 60
- Run Through 55
- The Livid Body 65
- Hidden Land 65
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 60
- Qualità Artwork: 55
- Originalità: 60
- Tecnica: 60
Giudizio Finale
58Recensione di Wolverine pubblicata il 21.11.2017. Articolo letto 1606 volte.
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