Built-in Obsolescence «Instar» [2018]
Recensione
“Instar” è il primo album lungo quasi 70 minuti dei Built-in Obsolescence da Riccione, e ci propongono un disco di debutto (credo assoluto) di musica Post metal, con un debole per il doom più canonico, nonché per alcune influenze prog che escono alla fine dell’album.
Ora, già fare direttamente il full length è un rischio, figuriamoci se anche molto lungo e in un genere inflazionato. I rischi ci sono, ma i BiO saltano questi problemi abbastanza bene, proponendoci uno stile musicale che sin dal primo brano riesce ad essere comunicativo ma tutt’altro che monodirezionale, con accenni al metal estremo grazie alla voce urlata e alcune soluzioni più aggressive che si alternano in maniera molto graduale a momenti più ragionati e calmi della canzone, dove il cantato pulito riesce nel difficile compito di essere morbido ma tutt’altro che lagnoso o moscio. Per questo motivo le due canzoni iniziali ti colpiscono per il trasporto costante del brani, mentre la successiva “The wave” è quella che mi ha colpito di più per un feeling tragico finale, tra l’altro non privo di controtempi e altri nervosismi ritmici. Spicca molto bene anche la parte finale, dove la band non risente della lunga durata dell’album e riesce a convogliare influenze un po’ più estranee a ciò che finora ci hanno proposto, come un mood più ombroso in “lashes”, più melodia in “Shara”, nonché soprattutto la positiva “Biotronic”, tipicamente più metal, con veri riffs di chitarra uniti ai tipici fraseggi post e una inaspettata parte più mossa (non veloce) che dona più incisività in un genere che spesse volte la ignora. Conclude “Ecdysis”, un brano ancora più atmosferico, che finisce su sponde gothic doom davvero bene accette.
In conclusione: bisogna ammettere che “Instar” è una piccola sorpresa all’interno di un genere musicale come il Post che spesse volte mi suona troppo lavorato, smussato e privo di spigolosità. Tutto questo in questo disco c’è. E c’è anche diversificazione dei brani, variazione delle influenze e un songwriting fornito, che rifugge il nascondere il talento dietro a un sacco di effetti e pedali e basta. Per gli amanti del post, ma direi anche del gothic doom, “Instar” dei Built-in Obsolescence è un disco dall’acquisto consigliabile.
Track by Track
- Dance of falling leaves 75
- Sine Requie 75
- The wave 80
- Ground launch sequencer - Intermezzo S.V.
- Project: Almaz 70
- Watching the wake - Intermezzo S.V.
- Shara 75
- Lashes 75
- Biotronic 80
- AD 9878 75
- Ecdysis 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 80
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 80
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
76Recensione di Snarl pubblicata il 19.11.2018. Articolo letto 1997 volte.
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