Heirs Of Fire «Pain&Victory» [2020]
Recensione
Ep di debutto un po’ stravagante ma comunque interessante per gli Heris of fire, una band che dovrebbe essere costituita da più di un membro, ma nella biografia si parla solo di uno solo, senza riferire cosa suona. In questi 21 minuti di musica “Pain and victory” cerca di suonare in una maniera originale a ciò che è fondamentalmente definibile come rock, con sporadiche incursioni all’alternative e a certo metal classico, il tutto condito con interessanti trovate, tipo dei cambi di tempo e eclettismi sonori, che a volte funzionano e che altre volte si ritorcono contro la band stessa, rendendo i brani a volte poco chiari, un po’ all’insegna del motto “genio e sregolatezza”.
Se l’opener infatti non stupisce più di tanto per via di un andamento discreto ma molto simile all’inizio di “Killing in the name of” dei RatM, è dalla title track in poi che si vede lo stile degli Heirs of Fire, che ci propongono un rock più radiofonico e estroverso, funzionante. Tutto questo viene tuttavia contraddetto dai brani successi, con una “Corrupted” invero strana, che comincia rock quasi metal, ma che poi si abbandona prima del ritornello a una parte con solo voce e piano per poi ricollegarsi al tema principale in neanche 3 minuti di musica, e finendo incompleta così come per “Undead”. Solo “Set me free” risulta più comprensibile e mostra gli Heirs of Fire sfruttare meglio le idee che passano per la testa a chi ha composto i brani, mostrando tra l’altro anche un buon approccio solista.
In altre parole, “Pain and victory” è il disco di debutto di una band non male ma un po’ acerba, che si mostra chiaramente vivace e volenterosa di fare e personalizzare il proprio sound, ma a volte finisce per pasticciare un po’, e altre volte suona non molto originale, come nei casi suddetti o nell’insipido ritornello di “Feed the beast”. Se l’entusiasmo di questa band è da premiare come incoraggiamento, dall’altro ci aspettiamo per il futuro uno sviluppo in quanto a sfruttamento delle idee nonché una generale messa a fuoco del sound, che a volte cambia un po’ troppo di influenze tra brano e brano. Sufficienza piena per premio alla vivacità, alla voglia di fare e a qualche brano (come quello finale) ben riusciti, ma per salire di livello si deve lavorare un po’.
Track by Track
- Sweet danger 65
- Pain and victory 70
- Corrupted 55
- Undead 60
- Feed the beast 60
- Set me free 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 70
- Originalità: 60
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
65Recensione di Snarl pubblicata il 01.12.2020. Articolo letto 953 volte.
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