Anthrax + Stampin' Ground + Shai Hulud + Face the Fact
04.07.2004
Band:
Anthrax
Stampin' Ground
Shai Hulud
Face the Fact
Luogo dell'Evento:
Centrale del Tennis
Città:
Roma
Autore:
Hatewerk»
Visualizzazioni:
2672
Live Report
L’evento è di quelli da non lasciarsi scappare nemmeno morti: gli Anthrax suonano a Roma. La seminale band thrash americana ha da sempre un posto speciale nelle mie personalissime playlist, ma ahimé non avevo mai avuto il piacere di vederli dal vivo – un peccato per me mortale, una mancanza alla quale rimediare ad ogni costo. E allora via che si va, in compagnia del buon HAUNTED, del mio fido batterista e amico Rod e madama Lucia, consorte di quest’ultimo.
Il bollettino delle autostrade prometteva code chilometriche in entrata nella Capitale, beh se c’erano noi non ce ne siamo accorti… tant’è vero che arriviamo alla Centrale del Tennis, Foro Italico, quasi in perfetto orario – ci perdiamo solamente il gruppo d’apertura, i FACE THE FACT, che comunque senticchiamo dal di fuori mentre sbrighiamo le pratiche standard tra accrediti, biglietti, e un Francesco ‘Fuzz’ Pascoletti di fama Psycho!i sta intento a distribuire volantini...
Il colpo d’occhio al nostro ingresso in campo non è dei più ‘contundenti’: le persone accorse a tale evento non saranno più di un migliaio, numero che continuerà a salire man mano che la serata snocciola i suoi artisti, ma comunque ad un ritmo molto blando. La Roma-bene del metal c’è però quasi tutta, e infatti io e Rod passiamo la prima mezz’ora (coincidente con il cambio palco) a salutare vecchi e nuovi amici. Tempo 20 minuti, e on stage sale il secondo gruppo della serata, gli SHAI HULUD. Il gruppo capitanato dall’istrionico cantante Geert Van Der Velde, movimenta i (pochissimi) conoscitori della loro musica con 30 minuti di set dedito ad un hardcore molto elaborato (e forse per questo un po’ di difficile presa verso l’ascoltatore medio) mescolato a parti tipicamente metal. Il sole ancora non è calato, la gente addensata verso le transenne è ancora poca, ciononostante il combo americano non lascia il palco senza avervi gettato sopra anema e core, testimonianza ne sia il lungo applauso che comunque li congeda.
Effettivamente viene da chiedersi perché, come opening acts di una band come gli Anthrax, siano stati scelti dei gruppi hardcore… unica spiegazione, la provenienza comune dalla Grande Mela degli Hulud. Tant’è, la musica comunque ‘lè bela gnurant’ come sento dire da un nordico metallaruzzo disceso per l’occasione in terra capitolina, l’impianto emette un suono ai limiti della perfezione in quanto a definizione e potenza, e allora così sia.
Vedo HAUNTED tornare dalla zona merchandising con un cappellino ‘SG’, Rod gli chiede, ‘chi è? SuperGiovane?’ ‘no, è STAMPIN’ GROUND’… Benji non fa in tempo a finire di pronunciare ‘Ground’ che un’onda sonora spaventosa ci investe la schiena (nel frattempo abbiamo senza troppi problemi guadagnato una bella fetta di posto in prima fila/transenna): gli inglesi – si sono formati a Cheltenham nel 1995 - , forti di un ultimo album, ‘A new darkness upon us’ prodotto nientepopodimenoche da Mr. Andy Sneap, sorpassano di gran lunga ogni più rosea aspettativa formatasi grazie a quel poco che avevo sentito riguardo al loro conto: una commistione perfettamente bilanciata di metal tiratissimo e hardcore, suonato con una precisione spaventosa (forse solo il batterista in alcune occasioni perderà qualche colpo di cassa, ma a quelle velocità se non ti chiami Herrera o Sandoval sei perdonato) e una convinzione tale da lasciare ai blocchi di partenza tante band più blasonate.. Chi segue il circuito hardcore già li conosce, per gli altri il consiglio è di lasciarsi massaggiare le gengive dalla musica di questi meritevoli ragazzi!
Oramai il sole non fende più le tribune del campo da tennis con i suoi raggi, la canicola che ha attanagliato i presenti lascia spazio al tepore della sera, e sul palco viene portata l’artiglieria pesante… Parte l’intro del nuovo cd ‘We’ve come for you all’ e la gente esplode: THEY have come for us all… Eccoli gli ANTHRAX, finalmente dopo 15 anni di ascolti in CD li vedo dal vivo! Noi siamo posizionati direttamente sotto Scott Ian, che lancia una ‘What doesn’t die’ da cardiopalma, e la gente inizia a volare…. I suoni sono se possibile migliori di quelli degli Stampin’ Ground, la band è gasatissima e il nuovo bassista Joey Vera, ex-Armored Saint proprio come il buon John Bush, risulta essere il più esaltato del lotto! Il frontman è un trascinatore di folle d’altri tempi, fa cantare, coinvolge, corre si arrampica, a fine concerto addirittura farà TUTTO il giro dello stadio per poi correre IN MEZZO al pubblico, saltare le transenne e tornare sul palco! Un mito! E nel frattempo, continuava a cantare col suo radiomicrofono.. Complimenti ai tecnici! Sono sempre stato un accanito fan del periodo-Belladonna, e ho sempre visto Bush come un rimpiazzo nemmeno del tutto all’altezza, ma il concerto di stasera ha spazzato via questi miei dubbi… Inoltre, chi mi conosce sa della mia totale devozione verso Charlie Benante, uno dei batteristi con più talento in assoluto secondo me, il quale non delude di certo le mie aspettative, anche se rimarrà compostissimo per tutto il tempo del concerto.
…come? La scaletta? Ecco l’unica ‘pecca’, se vogliamo chiamarla così, della serata: se avete comprato il loro ultimo DVD, allora l’unica cosa che cambia è.. il bassista. Già, perché non solo gli Anthrax ripropongono ESATTAMENTE la stessa setlist del DVD, ma addirittura anche i DIALOGHI di John Bush tra un pezzo e l’altro sono IDENTICI a quanto visto sul disco argenteo… tanto che, accortosi del fatto che molti recitavano il mini-incitamento prima di ‘refuse to be denied’ a memoria (‘grab your balls… pinch your nipples… hit yourself in the fucking skull’), il prode Scott Ian si lascia andare ad una smorfia come per dire ‘azz, forse bisogna rivedere qualcosa…’.
Tutto ciò ovviamente, non toglie che pezzi come ‘Indians’, ‘Metal thrashing mad’ o l’anthemica ‘Antisocial’ abbiano scatenato il pandemonio, lasciando tutti senza voce e senza forze. Dolcissima parentesi: Bush ha dedicato ‘Room for one more’ alla lì presente moglie, incinta del loro bimbo… che miciotto.
Dopo oltre 1 ora e mezza di concerto, dopo tanti inni vecchi e nuovi cantati all’unisono con il pubblico, dopo la conclusiva ‘Bring the noise’ prima della quale i nostri ci ricordano che ‘tutto è partito da lì’ i newyorkesi lasciano il palco sotto uno scroscio assordante di applausi, consci di aver regalato ai (pochi) presenti una serata da ricordare a lungo… Almeno fino al loro prossimo concerto!
(…E comunque alla fine c’era ancora qualcuno che chiedeva implorante ‘nooooo! I Am the Law! Fatelaaaaa!’).
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