Suum «Buried Into The Grave» (2018)
Recensione
Non male questo disco d’esordio dei romani Suum recante titolo “Buried Into The Grave”, un disco decisamente completo all’intero del quale la band sa bene dove colpire nel segno forte dell’esperienza pregressa ed individuale che accomuna ciascun singolo membro con le proprie esperienze personali militate in altre realtà musicali. L’ottima congiunzione delle influenze predette vanno a congiungersi in questo lavoro e non lasciano molti spazi per comprendere l’impronta marcata a sangue dei Candlemass e un po’ anche dei più lontani Sabbath e Cathedral. L’impronta prende subito corpo se si tiene in considerazione da un lato, quelle che sono le andature, sempre ristagnanti e mai troppo fangose, piuttosto nitide nei contenuti, il buon clean che a tratti assume connotati più aggressivi, e gli imponenti lavori di chitarra tra ritmiche e lead solo tutti da assaporare. Indubbiamente l’ascolto propende su un contesto piuttosto spettrale tra quelli che sono i suoi contenuti che marcano intensamente la personalità del disco. Ottime le andature di chitarra che appoggiano appieno il clean e l’espressività della parte cantata che in alcuni casi dà l’impressione di raggiungere la sua massima espressività e coinvolgimento. L’opener “Tower Of Oblivion” è un esempio di quanto sopra accennato con in più l’ottimo free pass servito dalla chitarra nell’oscuro quanto inteso riff d’apertura. Si distingue per una buona dose di personalità anche la successiva “Black Mist” il cui punto forte indubbiamente ricade nuovamente sul lavoro della chitarra e sull’incredibile intensità del clean, ai limiti dell’ipnotizzante; “Into To the Grave” sembra quasi rallentare ulteriormente la marcia sin ora acquisita ma l’incessabile quanto espressiva forza del clean non fermano in alcun modo il persistere della forza e della grinta che il quartetto trasmette incessantemente; ottime anche “Last Sacrifice” e la successiva “Seeds Of Decay”, quest’ultima maggiormente più riflessiva rispetto alla sua precedente; due brani che non smentisco la buona impressione sin ora offerta dal combo sia sotto il profilo espressivo che costruttivi-strutturale; l’intermezzo strumentale di “The Woods Are Waiting” anticipa la conclusiva e forse più minacciosa “Shadows Haunt The Night”, uno dei migliori brani del platter a detta di chi scrive proprio per l’intensità e la carica trasmessa sia dal sound in primis che dall’incredibile struttura del brano in sé. Un ottimo debutto che non tarderà di certo a riconoscere a questa band un meritato quanto auspicato ruolo di importanza sostanziale per questo genere.
Track by Track
- Tower Of Oblivion 75
- Black Mist 80
- Buried Into The Grave 80
- Last Sacrifice 75
- Seeds Of Decay 75
- The Woods Are Waiting (Instrumental) S.V.
- Shadows Haunt The Night 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 75
- Tecnica: 80
Giudizio Finale
77Recensione di Wolverine » pubblicata il 24.03.2018. Articolo letto 2375 volte.
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