Intervista: Bejelit
Come ho già scritto in sede di recensione, ho molto apprezzato “You Die And I...”. In particolare ho notato un songwriting più ricco di influenze, più articolato e in certi casi anche più frenetico rispetto al passato. Al di là di una fisiologica maturazione, cosa ritieni vi abbia maggiormente indirizzato nella scrittura e nella realizzazione del disco?
Giulio :: In realtà non c'è stato un processo speciale di composizione per questo album. Come già successo con i precedenti “Hellgate” ed “Age of Wars”, i brani sono nati in modo del tutto spontaneo e senza che vi fosse una precisa volontà stilistica o emulativa. Alla fine noi cerchiamo di suonare solamente la musica che ci piace, senza preoccuparci troppo di cosa in essa rientra in certi cliché o meno. Credo che con questo disco siano stati inseriti elementi piuttosto vari per la semplice volontà di provare, sperimentare e cercare la soluzione che suonasse più piacevolmente alle nostre orecchie. Alla fine riascoltando per intero il cd ci siamo resi conto di una certa evoluzione sonora che in effetti noi stessi facciamo fatica a rapportare ad altre band. Voglio dire che invece di muoverci in una direzione unica, ci siamo mossi per molteplici vie con il medesimo approccio di sempre. Sicuramente sia la maturazione musicale che quella umana rappresentano un fattore chiave per l'evoluzione sonora dei Bejelit, anche per via del clima più rilassato durante le registrazioni e la composizione.
Parliamo delle vostre influenze: è inevitabile accennare a due nomi classici come Helloween e Judas Priest, ma il disco gode di una certa complessità. Quali altre band vi hanno maggiormente ispirato per questo lavoro? E come sono cambiate nel tempo?
Giulio :: Sia gli Helloween che i Judas Priest sono tra le nostre influenze, anche se non le riterrei primarie. Ognuno di noi ha diverse influenze e negli anni passati le abbiamo miscelate in fase di registrazione e arrangiamento. Questa volta siamo riusciti anche a confrontarle durante la composizione stessa facendo si che ognuno trovasse il proprio spazio musicale. Attualmente i nostri ascolti sono più che mai variegati e spaziano da un genere all’altro comprendendo anche materiale estremo che prima non eravamo soliti ascoltare. Potrei dirti che più che cambiare tipo di ascolto, abbiamo ampliato ancora di più il genere di influenze attraverso una visione il più possibile aperta della musica. Come sempre siamo partiti dalle melodie e poi abbiamo affrontato il resto della scrittura musicale senza porci limiti di sorta e credo che le varie influenze naturali siano andate al loro posto automaticamente.
Come avete lavorato per le registrazioni? Fare tutto a casa, nel proprio studio, vi ha facilitato? Quali sono stati i principali aspetti positivi e quali, eventualmente, i negativi?
Giulio :: Sarei un ipocrita se non ammettessi che lavorare con uno studio a disposizione a qualsiasi ora e giorno sia una grande fortuna. Poi paradossalmente essendo anche la professione mia e di Sandro, in realtà il tempo disponibile per lavorare al proprio materiale è molto meno di quanto si possa immaginare. Questo album è nato da due pre-produzioni differenti iniziate poco dopo le date promozionali per “Age Of Wars”. Tieni conto che ci trovavamo ancora nel nostro vecchio studio dove le possibilità erano enormemente inferiori, mentre ora possiamo lavorare in totale autonomia, e con possibilità che fino allo scorso album erano impensabili. Il processo “tutto in casa” in realtà è stata la scusa per farmi lavorare il doppio, eheheh! Questo credo sia stato l’unico aspetto negativo della cosa: molte ore di sonno in meno! Per il resto è stata un’esperienza assolutamente ottima e non ti nascondo che stiamo già iniziando a pensare a come organizzare il lavoro per il prossimo cd, che spero e credo non arriverà tra altri 3 anni.
Da quello che so, il vostro cantante Fabio, a causa del suo lavoro di attore si è da tempo trasferito a Roma, mentre la base storica del gruppo è ad Arona. Come gestite questa distanza?
Giulio :: Sembrerà strano a dirsi ma la distanza tra noi e Fabio è puramente una formalità con cui facciamo tranquillamente i conti in sede di date live e registrazioni. Ti assicuro che non pesa assolutamente a nessuno di noi questa dislocazione. Grazie a internet riusciamo a lavorare tranquillamente anche a 600 km di distanza. E poi Fabio non è sempre a Roma, spesso e volentieri torna sulle sponde del lago Maggiore e non perdiamo occasione per trovarci a lavorare assieme. Per superare questa distanza è bastato sapersi organizzare e lavorare di comune accordo. Le vere distanze di cui preoccuparsi sono quelle umane secondo me, non quelle geografiche!
Come è nato il rapporto con la Punishment18 Records? Pensi vi darà una spinta anche sul fronte live?
Giulio :: Non penso che la nostra collaborazione si estenderà sul fronte live, ma precludiamo nulla alla band. La Punishment18 sta svolgendo un ottimo lavoro e siamo davvero felici che il suo boss Corrado abbia deciso di credere nei Bejelit e in un album come “You Die And I...” così differente dagli album tipici della sua etichetta. Per ora ci stiamo muovendo sul fronte promozionale e live grazie ai nostri manager, Thomas Paladin e Annalisa Corbo, che colgo l’occasione anche attraverso Metalwave di ringraziare per l'incredibile lavoro e fiducia!
Parlaci dei testi: il filo conduttore mi pare di capire sia la morte, ma come nasce il discorso e come viene sviluppato?
Giulio :: Esattamente! La morte è il tema conduttore dell’album, anche se come hai notato non è trattato in modo univoco. Si tratta oltretutto di un tema che ci è balzato all’occhio solo a composizione e arrangiamento ultimato. Ci siamo chiesti quale fosse il comune denominatore dell’intera tracklist e ci siamo accorti che la morte è sempre presente. Ad esempio in “Rostov”, la morte è una sorta di tragico epilogo, quasi una liberazione dopo i terribili fatti che riguardano il protagonista della vicenda presa in esame. Potremmo dire che, in quel caso, la morte non è la cosa peggiore che capita alle vittime del mostro di Rostov! In “She's Lying 6ft Under” la morte è trattata in modo più goticheggiante e romantico, con un lui che si rende conto dell’irreversibilità del passaggio tra vita e morte della propria amata e il quale iniziare a porsi delle domande piuttosto importanti sull’importanza di proseguire o meno in un mondo di colpo ingrigito. In “Orfeo 10” la morte è invece parte integrante della vicenda narrata, senza per questo che essa venga raggiunta nell’effettivo, mentre in “Shinigami” si parla di un noto manga dal titolo “Death Note”, dove gli dei della morte sono protagonisti, ma dove quest’ultima è un mezzo per liberare il mondo dalla corruzione e dalla malvagità: difficile poi dire chi a quel punto è preda e chi predatore. Oppure potremmo parlare della morte con un briciolo di ironia come in “Astaroth”, dove un diavolo piuttosto deluso dal genere umano ci fa “gentilmente” notare come alla fine tanto gli inquilini del paradiso che quelli infernali non vedano l’ora di mettere le mani sulle nostre anime e che quindi noi gli serviremmo solo...ehm...morti, eheheh!
Torniamo al vostro album, in particolare ai suoni che mi sembrano molto anni ‘80. Si notano anche alcune differenze di mixaggio tra una canzone e l'altra, soprattutto per quanto riguarda la batteria. Come mai queste scelte?
Giulio :: Riguardo le differenze di mix hai centrato la questione! I brani non sono nati contemporaneamente e non sono nemmeno stati composti con lo stesso “mood”. Ci è sembrato naturale in fase di produzione cercare di dare ad ogni brano il suo giusto sound, in base ai sentimenti che volevamo trasmettere e in base a ciò che, per noi ovviamente, suonava meglio. Abbiamo voluto evitare ad ogni costo di realizzare un album dove, mantenendo sempre gli stessi identici suoni, vi fossero esclusivamente differenze nell’ordine delle note e nella loro velocità. E' come mangiare tutti i giorni la stessa cosa in ordine diverso...piuttosto noioso non trovi? Inoltre, perché mixare in modo identico un brano incazzato nero come “Rostov”, o malinconico come “Saint From Beyond”, nello stesso modo di una ballata con diverse aperture come “Goodnight My Shade”? Ogni disco ha una sua impronta e in “You Die And I...” ogni song ne ha altrettanto una personalissima.
Parlaci dei progetti paralleli: so che tu ne hai avuti diversi nel corso degli anni e anche Daniele se non sbaglio, tuttora milita nei Killin' Kind. Ritieni che queste esperienze esterne abbiano contribuito all'evoluzione dei Bejelit?
Giulio :: Non ci siamo mai fatti problemi a portare avanti anche progetti paralleli, ma l'attuale situazione dei Bejelit ci impone un impegno massimo e inderogabile per non rendere vani gli sforzi profusi nella realizzazione di questo album. La mia collaborazione con i Drakkar è finita già da un anno e idem per la militanza di Daniele nei Killin' Kind. Oramai sarebbe impossibile pensare di mandare avanti più progetti in prima linea. Personalmente grazie all’Old Ones Studio il mio curriculum vitae si è allungato in modo notevole per via di collaborazioni e lavori come produttore o musicista, inoltre ti segnalo che a breve inizieranno i lavori per la produzione del primo album dei 5th Elements, progetto di Raffaele Albanese, ex chitarrista dei Winter Haze, dove parteciperò insieme a molti ospiti sia italiani che stranieri.
Dopo ormai 10 anni di carriera, vedi il mondo della musica in modo diverso? E l'underground ti sembra cambiato rispetto a quando avete iniziato a suonare?
Giulio :: Si, vedo il mondo della musica in modo molto diverso da come lo vedevo dieci anni fa e a dirla proprio tutta non lo vedo in modo migliore, anzi! Purtroppo vedo una situazione di continua discesa artistica nelle grandi situazioni, senza per forza fare del facile autolesionismo italico parlando di San Remo e affini: la situazione è davvero pesante! Nel campo underground la situazione si muove, questo è indubbio, ma è anche vero che certi malcostumi rimangono ben radicati in certe “teste geniali” che non si riesce a non incontrare sempre più spesso. Il metodo del gettare scredito sugli altri, pensando così di fare del gran bene alla propria situazione è un cancro per la scena underground che davvero fa fatica a svanire. Invece di contribuire tutti a lavorare per una scena forte e stabile, tale da richiamare l'attenzione dei media (quelli seri e non quelli che associano sempre metal a satanismo per riempirsi la bocca di fesserie) e tale da smuovere anche la situazione live, si cerca di affossare chi riesce a fare qualcosa, spesso con enormi sacrifici! E' sempre la solita solfa: invidiucole, gelosie e soprattutto una mare di ipocrisia rovinano quello che MOLTISSIME persone faticano a fare, con una reale convinzione e con sacrificio!
Ti ringrazio per il tuo tempo. Prima dei saluti, comunicaci quali sono i vostri programmi a breve e medio termine.
Giulio :: Grazie a te e a Metalwave piuttosto! I nostri programmi ora prevedono la promozione massima di “You Die And I...” attraverso i media e attraverso le date che toccheranno l'intera penisola italiana, oltre a (speriamo) qualche data fuori dai confini nazionali. Poi sarà il momento di chiuderci in studio per iniziare i lavori sulla prossima uscita targata Bejelit, che non sappiamo ancora se sarà un full length album o un Ep prima del quarto album vero e proprio. Abbiamo moltissimo materiale pronto su cui concentrarci. Quindi un caro saluto a tutti i lettori di Metalwave, un grazie a voi per l’opportunità dataci e ovviamente un sentito grazie a tutti coloro che vorranno ascoltare la nostra proposta musicale! Per saperne di più il nostro myspace è http://www.myspace.com/bejelit
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Intervista di Bah Ron Articolo letto 2109 volte.
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