Intervista: Digitalis Purpurea

Nessuna Descrizione Moro mou intervista Pi Greco, master mind del progetto Digitalis Purpurea. A seguito della recensione dell'ultima release, "Emotional Decompression Chamber", conosciamone meglio la personalità artistica, l'immaginario, le aspirazioni e le ispirazioni...

 

Benvenuto su Metalwave. Cominciamo senza indugi: cos’è Digitalis Purpurea? Chi è Pi Greco?

Pi Greco :: Digitalis Purpurea è un progetto nato nel 2000 che ha visto la sua ufficializzazione nel 2003 con l’uscita del primo cd autoprodotto “Pi Greco Squad”. Il genere proposto evolve dall’industrial black metal degli esordi ad un sound più sperimentale ed eclettico che caratterizza le ultime produzioni. Si può considerare una “one-man band” dove Pi Greco è il responsabile creativo. A mio parere, l’arte deve coincidere con l’artista, quindi Pi Greco e la sua musica mi rappresentano come Cristian Marovino in tutto e per tutto e non come un alter ego.

Sei d’accordo col fatto che si fa musica, come ogni altra espressione artistica, per pura esigenza? Se sì, quali sentimenti ispirano e si esprimono nel tuo lavoro?

Pi Greco :: Sono assolutamente d’accordo, per esigenza e per vocazione. I dischi dei Digitalis Purpurea rappresentano la mia etica, esprimono i miei pensieri, raccontano i miei vissuti.

A cosa si deve la scelta di essere una “one-man band” per il progetto Digitalis Purpurea e come vivi il lavoro in solitaria? Una libertà espressiva amplificata o, come qualcuno sostiene, l’annullamento delle possibilità di confronto?

Pi Greco :: Non è stata una scelta ma un naturale evolversi degli eventi. Sono una persona che ricerca la solitudine con piacere e la fase creativa è per me un’esperienza intima. Non potrebbe essere altrimenti quindi. “Una libertà espressiva amplificata” è l’osservazione più corretta per quanto mi riguarda.

Volendo citare Equizzi nel suo “Manuale di cultura industriale”, tendenze come l’industrial, il glitch, il soundscape, il ritual e il dark ambient derivano da una sorta di “deriva tecnologica”, un tipo di “arte erosa, granosa, logorata e incenerita, immagini e documentazione di rovine e catastrofi, di paranoie e curiose ipotesi borderline”. Che tipo di immaginario è quello che desideri evocare in nei tuoi lavori?

Pi Greco :: Credo che l’aspetto “cinematico” sia una delle caratteristiche più evidenti della mia musica. L’immaginario è cangiante a seconda del disco e delle singole canzoni. In particolare l’ultimo disco “Emotional Decompression Chamber” evoca paesaggi desertico-metafisici dalle tinte noir e cita nell’artwork il film “Fando y Lis” di Jodorowsky.

Qual è il tuo approccio alla composizione? E quali sono le scelte ricorrenti a cui ti affidi più spesso?

Pi Greco :: Come accennavo prima, vivo il processo creativo come qualcosa di intimo e riservato. Per comporre un disco spesso mi isolo psicologicamente e fisicamente: allestisco il mio studio personale con la strumentazione necessaria, il minimo indispensabile, perché preferisco scrivere in luoghi spogli e asettici. Dal punto di vista tecnico-musicale non faccio scelte ricorrenti, il mio stile si potrebbe definire matematico e razionale. “L’arte dei Rumori” di Russolo è stata la lettura fondamentale per maturare il mio modus operandi.

A proposito del tuo ultimo disco, “Emotional Decompression Chamber”, gli episodi prettamente sonori sono spesso molto diversi. Eppure arrangiamenti di pianoforte e loops si sposano perfettamente, creando atmosfere profonde e pericolose, dal potere evocativo seducente, ma che conservano la loro carica distruttiva. Si può parlare di un aspetto “doppio” della musica di Pi Greco?

Pi Greco :: Ti ringrazio per l’interessante osservazione. Più che di aspetto “doppio” credo si debba parlare di aspetto “multiplo”. Ad esempio nell’album “Aseptic White” era molto più evidente l’atteggiamento aggressivo e nei dischi precedenti le sfumature esoteriche erano piuttosto presenti. Tutti i lati del mio carattere vengono riversati nelle canzoni penso quindi sia inevitabile notare sfumature diverse.

Sembra che la vocalist femminile nel disco rappresenti l’unica presenza “altra” al di fuori di Pi Greco, della sua personalità artistica e del suo mondo sonoro. Che ruolo ha avuto, musicalmente parlando, la sua presenza? E quali sono gli altri elementi di alterità che prediligi nella ricerca creativa?

Pi Greco :: Innanzitutto posso dire di essere da sempre affascinato dalle voci femminili, tra le mie preferite vi sono Pj Harvey, Beth Gibbons, Nina Persson, Helen Marnie... Volevo inserire nel mio disco un elemento vocale che descrivesse alcune visioni e concetti dall’esterno creando un effetto di straniamento. La “vocalist” che ho scelto per cantare in “Emotional Decompression Chamber” ha un ruolo molto importante, ma abbiamo deciso di comune accordo di mantenere un alone di mistero sulla sua vera identità per far si che la sua personalità non influisse sulla percezione degli ascoltatori. In effetti è la prima volta che un elemento di alterità vocale si insinua nelle linee di un mio disco, escludendo i “featuring” nelle cover con Tying Tiffany e Celine in “Aseptic White”. Altri elementi di alterità all’interno del nuovo album possono essere visti nelle chitarre acustiche, nel pianoforte e nei samples che vanno in contrasto con le fondamenta elettroniche dei brani.

Nella mia recensione del tuo ultimo disco parlavo dell’impressione di una forzatura quanto all’accento italiano del testo inglese, dal risultato comunque “invitante e particolare, caratterizzante della personalità della traccia nello specifico. Tale da far pensare a un effetto grottesco voluto, quasi di straniamento e paradosso decisi a tavolino”. Cosa puoi dirci a riguardo?

Pi Greco :: Curo le produzioni in modo maniacale in tutti i dettagli e malgrado non sia un madrelingua inglese non lascerei di certo delle pronunce sbagliate o imperfette. La mia intenzione è quella di utilizzare la voce come uno strumento che si incastri perfettamente come timbrica e metrica nel mood dei testi, spesso ignorando la “prigione” della grammatica. Mi affascinano molto le ricerche sulla voce di Demetrio Stratos e il metodo del cut up di William Burroughs. Spesso quindi utilizzo giochi di parole e variazioni delle pronunce per creare l’effetto grottesco al quale accennavi e, in particolare, nel nuovo album per svelare termini celati nei testi originali (ma che spesso sono una chiave di volta). Per farti un esempio, vi sono messaggi nascosti anche nel minutaggio dei brani, dialoghi occultati nel mix... sta all’ascoltatore più attento scoprire i vari dettagli.

Da cosa ti senti più gratificato nel tuo lavoro? E a cosa punti in futuro quanto a progetti e impegni?

Pi Greco :: Sono fiero di aver creato un progetto seguito internazionalmente senza aver ceduto a compromessi e clichè. Sono gratificato da chi ascolta la mia musica con attenzione e complicità. Continuerò a scrivere seguendo le mie ispirazioni senza farmi influenzare dal manierismo dilagante e spero al più presto di portare il nuovo live set in U.S.A., U.K. e Giappone, che sono i paesi che più mi seguono negli ultimi anni, senza dimenticare di ringraziare tutte le altre realtà come il resto dell’Europa e il Sudamerica.

Come vivi la scena culturale e musicale attuale nel tuo ambiente e cosa vorresti cambiare?

Pi Greco :: Nel mio ambiente regna l’esibizionismo fine a se stesso, il superficialismo da discoteca, gli stereotipi musicali, l’elettro-dance sterile, le cover band che occupano i palchi dei vari locali... Purtroppo non credo che molto di questo cambierà. L’unico modo per me di sopravvivere è seguire l’etica che esprimo con la mia musica ignorando la mediocrità.

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Intervista di MORO MOU Articolo letto 1804 volte.

 


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