Intervista: Edenshade

Nessuna Descrizione L'interesse nato dall'ascolto di "Stendhal Got That Close" degli Edenshade ha portato Metalwave a voler approfondire la conoscenza del gruppo intervistando Stefano, il cantante. La chiacchierata ci ha dato la conferma di ciò che già emergeva dal disco. I ragazzi hanno una stimolante profondità di pensiero e culturale, come si evince dall’intervista che segue.

 

Come ho scritto sulla recensione, non mi sento di avvicinare il vostro ultimo lavoro a nessuna band se non a voi stessi: riuscite a descrivervi senza citare nomi famosi?

Stefano :: Beh, ti ringrazio davvero tanto! L’idea che gli Edenshade siano una band dotata di una personalità tale da non essere accostabile ad altri nomi è un complimento davvero incredibile! Ci provo...allora...gli Edenshade di oggi sono una band che suona un metal moderno, che ha nei suoi punti di forza da un lato l’incisività dei riff di chitarra ed il groove e dall’altro un’attenzione particolare alla melodia. A fare da contorno c’è una dose importante di elettronica ed il gusto di creare delle partiture musicali intriganti e non banali, incanalando sempre e comunque il tutto nell’idea di scrivere delle “canzoni” e mai degli agglomerati di riff.

Dopo la tua risposta ho realizzato che il compito non era affatto facile ma sei riuscito a risolverlo eccellentemente, leggendo le tue parole si capisce perfettamente la vostra musica ancora prima di ascoltarla. Secondo alcuni la storia del metal è finita negli anni '80. Personalmente appoggio questa affermazione se si considera che sotto il profilo compositivo non si sono più avute le enormi e rumorose rivoluzioni che hanno segnato quel periodo. Ora vedo piuttosto delle correnti che poggiano comunque su piedistalli posizionati saldamente nel passato e, attualmente, colpire senza cadere nel plagio è molto difficile. Quanto è dura la composizione, se si vuole evitare questo errore? Ma soprattutto, dove si trova l'ispirazione adatta?

Stefano :: Ti prego non mi odiare, ma onestamente non riesco proprio ad essere d’accordo, eheheh. Penso che limitare la storia del metal alla fine degli anni ‘80 sia abbastanza riduttivo. O per lo meno dipende da cosa si intende per “metal”: se “metal” sono solo i Manowar e gli Iron Maiden, beh, di sicuro è così. Nel senso che un certo sound ha avuto il suo picco in quegli anni. Quel suono poi è stato, cambiato, evoluto e ammodernato di continuo, a volte in modo geniale, a volte con risultati discutibili. Secondo me però sarebbe poco più di un sofismo inutile quello di dire che non ci sono state rivoluzioni solo perché si considera la sublimazione di un certo genere sia conclusa chennesò...con i Priest! E i Metallica e i Megadeth? “Rust In Peace” è del 1992. I Korn non sono stati una vera rivoluzione? Ed è successo negli anni novanta inoltrati. O tutto il death metal melodico svedese ad esempio? Magari ha avuto un’importanza commerciale minore, ma ha ridefinito un certo modo di fare musica. La realtà è che mi sono reso conto ormai che di buona musica ne sia uscita e continui a uscirne parecchia, e ciclicamente si creino le “rivoluzioni” di cui stiamo parlando. Basta guardarsi intorno e alla fine ascoltare ciò che ci piace e ci emoziona di più senza farsi troppi problemi. Per rispondere alla tua domanda: secondo me la ricerca dell’originalità a tutti i costi è inutile tanto quanto il plagio di questa o quella band. L’artista da sempre ha il “dovere” della curiosità, di ascoltare tutto quello che viene proposto, di confrontarsi; a quel punto l’ispirazione viene approcciando la composizione in maniera naturale, cercando di rileggere secondo la propria sensibilità gli stimoli che riceviamo. In fondo siamo tutti unici e diversi e abbiamo una nostra storia da raccontare, il solo farlo in maniera onesta aiuta a essere originali.

Capisco il tuo disaccordo con la mia affermazione che forse e' stata posta male ma che a quanto pare e' stata compresa comunque. Il mio intento era piuttosto quello di evidenziare come nel periodo 70-80 tutto era nuovo e partiva veramente da zero cosa che in un certo senso non e' piu' possibile dal momento che, per esempio, la chitarra distorta o certi tipi di percussione non possono che poggiarsi al passato. Nel vostro album si possono percepire dei tocchi melodici e compositivi davvero sofisticati. Dove arriva il limite per un gruppo che non vuole cadere nell'auto celebrazione?

Stefano :: Mi riallaccio a quello che ti dicevo sopra: secondo me il vero trucco sta nel non porsi il problema. E’ nel momento in cui scrivere una canzone non è più sedersi e cercare di mettere in un musica una sensazione che poi va un po’ tutto a rotoli. Mi spiego: se prendo la chitarra in mano perché il mio scopo è scrivere l’assolo più veloce del mondo, quello che tirerò fuori potrà magari risultare perfetto da un punto di vista estetico, ma vuoto di contenuto. Che senso ha? Tante cose del nuovo album sono nate canticchiando delle melodie in macchina mentre guidavo, o magari suonando una chitarra acustica. Una volta che poi la “sostanza” era buona (un buon riff, una buona melodia), da lì partiva il “divertimento” di riuscire a donarle un vestito che la rendesse ancora più bella, rielaborandola e arricchendola magari di un arrangiamento particolare o più ricercato.

Esatto, credo che la differenza la faccia proprio la capacita' di saper donare un vestito a una melodia, stesso discorso varrebbe secondo me per gli sceneggiatori e gli scrittori. Considerate mai il fatto che alcune finezze compositive possano in un certo senso compromettere la presa dal vivo?

Stefano :: Qui la questione è più complessa e non posso che risponderti sì, a volte può essere, e sicuramente è stato, un problema. Sopratutto nelle situazioni live underground, dove gli impianti del locali non ti aiutano affatto, e non ti permetto di offrire un bilanciamento di suoni almeno decente e tale da poter far ascoltare bene tutte le sfumature. Senza considerare poi la tranquillità sul palco necessaria per poter offrire la performance migliore. Chiaro che essendo una band che non punta solo sull’impatto, se dalle casse del locale esce un pastone difficilmente distinguibile, per forza di cose si perde alchimia con il pubblico e il risultato ne risente!

Infatti, un altro fattore importante e' saper creare alchimia tra il pubblico e le proprie opere, cosa tutt'altro che facile. Nelle realtà extraeuropee, e parlo nella fattispecie di quella statunitense, il metal viene visto in modo veramente eclettico e l'ascoltatore in genere fruisce la musica senza pregiudizi. Potrebbe suonare strano, ma io ho sentito musica senza pregiudizi in “Stendhal Got That Close”.

Stefano :: Come avrai capito, non posso essere più d’accordo! Il metal è musica prima di tutto, se non si guarda oltre lo schema di “metal”/“non metal” in realtà si perde un mondo interessantissimo di sensazioni e colori. Accanto ad ascolti più “pesanti” nel mio iPhone puoi trovare i Subsonica o Il Teatro Degli Orrori ad esempio, o magari i 30 Seconds To Mars; tutto questo credo si rifletta poi nella musica degli Edenshade. Considera poi che Enrico (che, anche se non figura più nella lineup ufficiale della band, ha lavorato all’album con me e co-firma alcuni dei brani) ha ascolti anche più ampi dei miei! Penso che la musica di ogni genere sia piena di spunti e idee che, se ascoltati e rielaborati secondo la propria sensibilità, aiutano ad ampliare lo spettro delle sensazioni espresse dalla musica che si compone. Giusto per farti un esempio, una delle mie band preferite di sempre sono i Megadeth: se vivessi in una campana di vetro e ascoltassi solo Dave Mustaine dalla mattina alla sera quello che uscirebbe sarebbe per forza una brutta copia di “Peace Sells”!

Onestamente preferivo che mi rispondessi Rust in Peace che ultimamente ho avuto la fortuna di vedere per intero con tanto di VIC sul palco, sembra che Mustaine si sia riavuto dal calo di qualche anno fa e ha una piu' convincente attivita' live. Nella vostra di attività live, avete la risposta di pubblico che vi aspettate in sede compositiva?

Stefano :: Gli Edenshade con la vecchia lineup non hanno mai suonato tantissimo dal vivo, ed è una delle cose più mi dispiacciono. Abbiamo suonato delle bellissime date ed altre un po’ meno, complice magari la difficoltà di riuscire a rendere a dovere canzoni complesse in situazioni “traballanti” come quelle di cui parlavamo prima. Ora che abbiamo di nuovo una formazione live però vorrei riuscire a colmare questa lacuna.

E quindi e' in programma un tour di supporto a Stendhal got that close

Stefano :: Al momento non abbiamo ancora delle date fissate. “Stendhal Got That Close” è nato in studio e la lineup della band si è ri-stabilizzata soltanto durante la conclusione delle registrazioni. In questo momento stiamo lavorando alla scaletta e contiamo di cominciare a portare live “Stendhal Got That Close” dopo l’estate.

Che linea potrebbe avere un eventuale seguito a “Stendhal Got That Close”? Avete altro materiale da incidere a breve?

Stefano :: E’ ancora troppo presto! Un po’ per scelta e un po’ per mia natura sono abituato a lavorare ormai a “compartimenti stagni”, separando il progetto di ciascun album l’uno dall’altro: sono convinto aiuti moltissimo a dare senso di unità a tutto il lavoro. Come ad esempio non riesco a scrivere più canzoni di quelle che finiranno sull’album, così appena finito un disco mi fermo e non scrivo niente per un po’, in modo da “resettarmi” e poter ricominciare dopo qualche mese a mente fresca.

Vorresti darmi altre informazioni che ritieni importanti e che magari non sono state trattate da Metalwave?

Stefano :: Ti voglio ringraziare di nuovo per l’intervista e per la splendida recensione: “Stendhal Got That Close” è stato il frutto di due anni di lavoro dove abbiamo cercato di curare al massimo tutti i dettagli, dalla produzione, alla copertina fino al video, cercando di creare un progetto che fosse il più possibile completo. Vedere che chi ascolta l’album apprezzi e comprenda il lavoro nella sua totalità è davvero stupendo!

Stefano, la nostra chiacchierata e' stata davvero interessante, hai dato ulteriore spessore a quello che gia' aveva il disco ma purtroppo siamo ai saluti finali. Volete lasciare un messaggio ai nostri lettori?

Stefano :: Grazie a voi se siete arrivati a leggere fino a qua innanzitutto! Supportate la musica, soprattutto quella indipendente, ascoltate l’album (e compratelo se vi piace!) e venite a trovarci ai concerti e su Facebook!

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Intervista di Barbaro Articolo letto 2408 volte.

 


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