Intervista: Golden Heir Sun

Golden Heir Sun1 Abbiamo deciso di intervistare i nuovi ma promettenti Golden Heir Sun, una one man band nuova di Experimental Drone, il cui unico brano ci ha piacevolmente impressionato, tanto che abbiamo voluto approfondire le nostre conoscenze di questa band svelando qualcosa sul loro background. Buona lettura.

 

Ciao Matteo, Partiamo con una domanda preliminare: Tu fai Experimental Drone, un genere molto ostico e difficile da apprezzare in un mondo in cui la società vuole informazioni sempre più rapide e meno dettagliate, come mai hai scelto questo genere, e come ti sei avvicinato al mondo della musica?

Ciao a voi e grazie per l’interesse nel mio progetto. Il genere non è stata una scelta conscia o premeditata, io volevo comporre qualcosa che fosse solo mio e “Holy the Abyss” è il risultato. Direi che più che dal genere sono stato guidato dalle atmosfere, sono quelle la cosa più importante per me. Per quanto riguarda il modo comunicativo di oggi sono consapevole che la mia musica non è adatta alla velocità e alla reperibilità a cui siamo abituati, il mio intento era anche questo, voglio costringere chi mi ascolta a prendersi del tempo per se stesso, del tempo per rendersi conto di esistere e di essere nel presente, cosa che con la velocità di oggi sento totalmente persa. In quanto a me, alla musica mi sono avvicinato da piccolo grazie alla passione di mio padre, poi da adolescente ho sentito il bisogno di partecipare oltre che ascoltare e quindi ho iniziato a suonare la chitarra, da lì le prime esperienze con le band fino agli WOWS a cui sono indissolubilmente legato umanamente ed artisticamente.

Veniamo al tuo "Holy the Abyss": è il tuo primo lavoro discografico. Vorresti parlarci un po' di questa release e della sua realizzazione?

“Holy the Abyss” è nata come una collaborazione tra me e Giulia, la danzatrice che vedete nel video. L’idea era quella di creare una musica che possa evocare una sorta di paesaggio che sappia anche ospitare arti diverse dalla musica, come appunto la danza, e in un secondo momento anche l’immagine. Senza il fondamentale contributo di Elide Blind, che è riuscita a chiudere il cerchio in modo magistrale con i suoi tetri immaginari, questo progetto sarebbe stato monco. Per quanto riguarda la musica direi che è stata una prova per me molto genuina, tutto è nato da un’improvvisazione che già nella sua forma embrionale durava più di dieci minuti, alla quale poi ho lavorato per qualche mese aggiungendo parti di voce e limando alcuni dettagli. Infine poi c’è il significato, un tema che mi gira in testa da tempo, e l’ho voluto rendere come un avvertimento, quasi una profezia, e si tratta della caduta del genere umano sotto la potenza incontrastata della natura. A tutti e tre l’idea è piaciuta molto, e a me fa venire i brividi a parlarne.

In fase di recensione abbiamo scritto che Holy The Abyss tende a proiettare l’ascoltatore in un mondo quasi surreale, sospeso e avulso dal mondo reale. Commenta questa nostra osservazione.

È un’osservazione corretta! La catarsi è l’obiettivo di ogni tipo di musica, lo staccarsi dal reale avviene tutte le volte che siamo talmente immersi in quello che ascoltiamo che ci dimentichiamo di tutto il resto. Nel mio caso c’è anche una componente ipnotica data dalla ripetizione sia delle parti che delle note.

Come mai la scelta di suonare tutto da solo?

Golden Heir Sun è nato proprio dalla mia volontà di produrre musica con le mie sole forze. Era una cosa che volevo fare da tempo ma non avevo la motivazione necessaria per farlo, fino a circa un anno e mezzo fa. In realtà sono solo nel progetto e sul palco ma sono indispensabili gli apporti di altre personalità artistiche. Al momento preferisco collaborare con artisti al di fuori della musica, ma sicuramente in un futuro non troppo distante mi avvarrò di amici musicisti.

Quali sono le influenze musicali che ti hanno ispirato a realizzare questo disco?

Beh innanzitutto gli WOWS. Per chi non lo sapesse gli WOWS sono la mia band principale alla quale dedico molte delle mie energie e delle mie idee. Abbiamo raggiunto negli anni una nostra sinergia e identità e le atmosfere ne sono una parte fondamentale. Nel mio progetto continuo questa ricerca, con la differenza che la porto avanti in solitaria. Se vogliamo parlare delle band che mi hanno formato come musicista ce ne sono molte da citare, ne sceglierò tre: Neurosis, Tool, Radiohead.

Progetti futuri?

Ho in programma altre uscite ma nulla di concreto ancora. Cioè ho moltissima musica ancora inedita ma voglio che il prossimo disco abbia un significato profondo per me, quindi credo aspetterò finche non trovo la giusta alchimia tra i brani che ho, oppure di farne totalmente nuovi, non lo so! Ecco di sicuro nel mio programma c’è di suonare il più possibile, sto costruendo un piccolo tour per l’anno prossimo in cui sarò accompagnato da Giulia che danzerà dal vivo insieme a me sul palco.

Ultime parole famose…

Qui mi cogli impreparato, citerò una frase di un pezzo dei Tool: “Ride the Spiral to the End”

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Intervista di Snarl Articolo letto 1383 volte.

 


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