«Tube Cult Fest 2012»
27.04.2012
Nome dell'Evento:
Tube Cult Fest 2012
Band:
Luogo dell'Evento:
Tipografia – Orange Rock Cafe
Città:
Pescara
Promoter:
Skeptic Agency .
Frantic Factory
Autore:
Snarl»
Visualizzazioni:
2677
Live Report
Per gli appassionati di stoner, doom, sludge, psichedelia, chitarre ribassate e affini, l’appuntamento primaverile è il consueto Tube Cult Fest a Pescara, festival ormai giusto alla sua quinta edizione e che da un po’ di tempo non disdegna certo di fare le cose in grande, e stavolta la kermesse organizzata dalla Skeptic Agency propone ben 11 gruppi diluiti in 3 giorni, con nomi eccezionali e di assoluto rilievo come Karma to burn, Godwatt redemption, doomraiser (defezionari e sostituiti dai Black Land) e i Muffx.
Il report di questo fest è stato effettuato sia per tastare il polso del lato stoner di questo genere in italia, sia per vedere quante e quali bands di quelle proposte in questo festival siano anche capaci di soddisfare un orecchio come il mio, simpatizzante per questo genere ma tutto sommato più orientato verso altre sonorità più metal. Proprio per questo motivo, non mi sono andato ad acculturare su questi gruppi né prima né dopo il concerto, lasciando appunto che siano solo la musica e la resa live a parlare per loro in questa sede.
Giorno 1
Il primo giorno del Tube Cult Fest ha sede ad un nuovo locale di Pescara chiamato Tipografia, un locale da poco aperto ed esclusivamente proponente serate in grande stile. Lo staff della Skeptic Agency ha per questa occasione allestito due palchi, dei quali il palco A è quello principale, mentre il palco B, più piccolo, è stato da me ritenuto poco adatto, con il troppo rimbombo della stanza, le luci inadeguate e il poco spazio a disposizione a penalizzare le band che suonavano là.
L’apertura è destinata al giovane duo di Vasto chiamato “Le scimmie”, che in mezz’ora propongono circa 4 o 5 brani tratti dal loro disco di debutto e dal loro EP apripista. Tutto questo presumibilmente, perché la band si è limitata a fare il minimo indispensabile da live: suonare dei brani strumentali e basta. Certo, non si pretendevano pogate, né incitamenti a fare chissà che dal cantante che tra l’altro era già troppo impegnato con la pedaliera, ma almeno un minimo di interazione col pubblico tra pezzo e pezzo in un live set completamente strumentale poteva rendere il concerto migliore e più fruibile, e invece niente. Niente annunci dei pezzi, niente dire come si chiama il gruppo, neanche un “ciao” a fine serata. Niente. Insomma: concerto non interattivo e narcolettico. Certo, la musica per il pubblico non era male (anche se a me non ha convinto del tutto), ma da live è stata riproposta con la stessa energia e grinta di un gruppo qualsiasi che improvvisa in sala prove. Inizio in sordina.
voto: 50.
Ci spostiamo al palco A e i nostrani Der Teufel ci propongono un doom cantato ed è stato il gruppo più tipicamente metal di quelli proposti in questa serata, con perfino l’uso di anche raw vocals. Orbene: il concerto di questo quintetto è stato l’esatto contrario delle Scimmie: brani che personalmente mi son piaciuti, anche se alcuni del pubblico li hanno bollati come “non belli perché derivativi”. Anche qui i brani non venivano annunciati, ma la melodia e il maggior impatto di questo gruppo ha reso in maniera migliore ed ha fatto svegliare il pubblico di Tipografia, che però a causa di un ritardo di esecuzione per via di un problema con la testata del bassista, non ha potuto ascoltare altro che 3 pezzi o 4. Concerto stringato ma interessante, e gruppo da verificare su disco, che è in lavorazione.
Voto: 65.
Neanche il tempo di fumare una sigaretta e si deve ritornare subito vicino al palco B per ascoltare il concerto degli Aquilani “The whirlings”, ovvero il gruppo più pacato e psichedelico di quelli presentati in serata, con molte tentazioni alla Pink Floyd e digressioni intime. Il concerto è piaciuto e non si è potuto fare a meno di constatare una capacità tecnica dei musicisti di buon livello, dei brani secondo me molto belli, anche se forse talmente ripetitivi da risultare un po’ troppo diluiti, e finalmente (e per la prima volta in serata) si è sentito un gruppo interagire minimamente col pubblico, ringraziarlo degli applausi, dire “tempo scarso, quindi andiamo di fretta” (30 minuti di esibizione anche per loro), e perfino annunciare qualche brano. Certo: la resa e la musica proposta non erano delle più dinamiche, ma qui si è fortunatamente visto in parte ciò che mi aspettavo dai gruppi di questo tipo: capacità sul palco senza fare un macello di basse frequenze a caso. Ben fatto.
Voto: 70.
Sul palco A sale ora il famoso trio frusinate dei Godwatt Redemption, fautore di un potente Stoner Rock molto anni 70 convincente e fiammante, che sia per capacità tecniche che per l’effettiva incisività della proposta miete consensi e vittime in sede live, anche forse perché la musica da loro proposta è quella della quale finora si sentiva la mancanza, ovvero il riffone di chitarra potente con assoli. Certo, anche qui niente presentazioni delle canzoni che però erano cantate, ma l’energia dei GWR, le capacità tecniche e i movimenti hanno dimostrato che sotto le chitarre ribassate e il velo del mare di watt c’è ben altro, con il picco del concerto dato dal duo di canzoni “Hands of Zelda” e “Pachiderma”, messe tra l’altro in apertura. Poco da dire: concerto davvero bello. Primo nome davvero soddisfacente della serata. Sia da me che dal pubblico.
Voto: 80.
L’ultimo giro al palco B prevede il concerto dei montebellunesi Bleeding Eyes. Dopo una “pausa cesso”, arrivo che sento suoni doom chiaramente influenzati dallo sludge e dall’hardcore che rispondono al nome di una canzone chiamata “L’arrotino” (letto sulla tracklist), provocatoria e ingiuriosa. Sembra di sentire un altro lato ancora dello stoner, quello sporco, amaro e disarmonico, incrociato con con lo sludge. Per un attimo si grida al miracolo. Ma solo per un attimo. Sì perché nonostante l’ottima presenza scenica del gruppo, grintosa e potente, l’attenzione per questo gruppo scema da parte del pubblico, che negli ultimi pezzi se ne va, lasciando il palco B pieno solo in parte. A me son piaciuti abbastanza, ma forse ciò che non va sono stati i brutti suoni confusi e troppo alti, o anche dei brani forse non così eccezionali come i primi due d’apertura. Di certo c’è anche da dire che di lì a poco i Karma to Burn stavano per salire sul palco e che la gente avrà preferito rivolgere l’attenzione ad un posto in prima fila con loro piuttosto che ascoltare i BE, inoltre la posizione del bill a sandwich tra quelli che erano i due nomi più famosi potrebbe aver penalizzato il quintetto montebellunese. Non si sa per qual motivo questo loro concerto abbia un po’ fatto flop, ma occorre assolutamente risentirli in condizioni migliori. Possibilmente senza una conclusione del concerto in sordina, poiché dopo essere stati avvisati di scorciare la scaletta per motivi di tempo, e dopo aver concluso il penultimo brano, i BE annullano anche l’ultimo pezzo adducendo un problema alla batteria, che voci dei presenti hanno definito essere stata una scusa, il che al pubblico non è piaciuto. Si riporta quest’ultima nota solo per completezza e dovere di cronaca senza giudicare nulla e nessuno, visto che quella sera non ero lì per questo.
Voto: S.V.
Arrivo al palco A per l’ultima volta, e una marea di gente accoglie l’esibizione durata un’ora e 20 circa dei famosi Karma to burn di Morgantown. E lo dico da subito: i KTB sono la risposta alla mia domanda iniziale: sotto il velo di watt e chitarre ribassate, sotto power chords bassi e andamenti medio lenti, cosa c’è? Nel caso dei KTB, molto da vedere, indubbiamente. Ci stanno capacità tecniche allucinanti, presenze sceniche che saranno impostate quanto volete, ma che fatte da questo trio strumentale rendono a manetta, con una musica che tra l’altro è praticamente molto più rock che altro, che non affoga le onde sonore dietro una sfilza di (odiati) pedali big muff e fuzz e che anzi non usa proprio pedaliere, a dimostrazione del fatto che quando la sostanza, la tecnica e il buon gusto musicale ci stanno, non servono molte altre cose, tra cui neanche il cantato o l’interazione col pubblico, qui resa minimale al massimo, ma col pubblico sempre ben coinvolto non tanto da gesti quanto da continui movimenti e da avvicinamento dei musicisti ad esso, con anche il batterista che non ha lesinato senza microfono incitazioni e ringraziamenti, lui che tra l’altro era dotato del drumkit più strano in quanto a posizione dei tamburi (piatti altissimi e tom alto e orizzontale), e che tra l’altro somiglia ad un incrocio tra Charles Manson e il diavolo (aggiungetegli le corna ed è lui, dai…). Inutile soffermarsi su dei brani spesse volte contrassegnati da un titolo che altro non è che un numero: molto più utile invece gustarsi il loro concerto nella loro interezza e ridere di chi ancora rompe le palle a dire che “il genere x è morto” e “il genere y è defunto”. Insomma: Un grande concerto, con la musica che parla per sé e che risponde in maniera egregia alla mia domanda iniziale. Non penso che comprerò un loro cd, ma penso che se mi capita l’opportunità di rivederli, lo farò volentieri: una bella scarica di puro rock è sempre ben accetta.
Voto: 95.
GIORNO 2
Il secondo giorno del Tube cult fest, Sabato 28, vede una sgradita defezione: i Doomraiser, sostituiti da un loro progetto parallelo, i non conosciuti, se non dai fedelissimi, Black Land. Il festival prosegue all’Orange Rock Cafe di Pescara, poco distante, e qui ci sarebbe stato un altro banco di prova per il genere portato sul palco: a Tipografia non ci sono stati problemi, ma l’Orange, locale più tipicamente metal, apprezzerà la proposta stoner doom?
Aprono le danze i locali e debuttanti V.I.T.R.I.O.L.U.M., fautori di un doom/death non depresso ma abbastanza granitico e monocorde. Nonostante un pubblico un po’ smorto, presente ma ancora un po’ freddo, il quintetto pescarese svolge il proprio compito non rischiando niente, facendo il minimo indispensabile per stare sul palco in maniera decorosa e svolgendo il proprio compito senza infamia ma anche senza nessun tipo di lode in quanto i brani, mai sentiti da nessuno oltre che da me, sono stati un po’ un’incognita per tutti. Per ora si può parlare di una prestazione positiva in quanto è l’inizio del gruppo, che pure è salito sul palco con una formazione non definitiva (cantante session). A livello di qualità delle composizioni, inoltre, non ho mancato di notare una personalità delle composizioni che forse va un po’ affinata visto che alcune parti e il secondo brano in particolare era chiaramente più fuori contesto e molto più death che doom. Essendo l’inizio, lo ripetiamo, va bene così. Vedremo in seguito come evolve la situazione.
Voto: 60.
Salgono ora sul palco i Devoggol, trio pratese che non ha il bassista e con una batteria senza alcun tom. Il volantino del Tube cult fest promette una musica da leccarsi i baffi: “sludge, hardcore, motor head e metal ignorante. Chi ha detto Death ‘n Roll?”. Opinione mia: no. Neanche da lontano. Sinceramente, io la musica dei Devoggol non l’ho molto capita, ma non mi ha impressionato quasi per niente, non sono d’accordo con la definizione data al gruppo e la qualità dei brani non mi ha impressionato: le parti stoner erano tutte o poco incisive, o poco originali, e comunque spesso suonavano simili. Aggiungete brani interi con dei blast beats che sinceramente non ho capito come si amalgamano al resto delle composizioni, e capirete come questo gruppo non mi è piaciuto musicalmente. Il che non è neanche un grosso problema visto che in un live report è necessario concentrarsi sulla resa da live del gruppo e sul coinvolgimento, e non tanto sulla qualità musicale in sé. Ma purtroppo i Devoggol mi hanno deluso anche da quel punto di vista, con il cantante spesso completamente immobile, e il solito mutismo tra pezzo e pezzo senza sbottonarsi più di tanto.
Massimo rispetto per loro, ma questa band non ha molto scaldato l’audience e non mi ha impressionato.
Voto: 50.
Con i Black Land il pubblico si fa massivamente presente, ma anche qui il doom stoner mischiato con tentazioni psichedeliche, lentissime e anche robe drone finisce per deludermi. Niente riffoni stoner stasera. Vabè pazienza: concentriamoci sul gruppo: un gruppo che propone una musica difficile da eseguire in chiave live, dove o ti impegni per sentirla, oppure non ti coinvolge, ermetica, effettata e criptica com’è. Ostica quindi, e anche con un’audience non molto in palla.
Risultato: impegno, classe e bravura, sì, ma un’esecuzione molto asettica, priva di slancio e anche se pare brutto dirlo, soporifera, visto l’orario. Della quale onestamente poco mi è rimasto. Un cantato minimale, una doppia voce (con il batterista) che creava atmosfere interessanti, giri di basso insistenti e ossessivi, un risultato non male, ma incredibilmente freddo e poco coinvolgente. Gruppo che ha fatto il minimo indispensabile e pubblico idem. Bello, ma assolutamente solo per fans.
Voto: 60.
Giorno 3
La kermesse si conclude all’Orange il 30 Maggio e prevede giusto due gruppi. Si comincia con un pubblico non troppo numeroso e forse non troppo motivato, ma i Tannhauser, quartetto stoner doom/rock con un chitarrista della celebre band locale Zippo, ce la fa a strappare consensi e applausi. Sarà forse per una musica che ricordava in molti riffs gli Zippo più esemplificati, sarà per uno stile molto meno astratto dei gruppi del Giorno 2, per una interazione dei membri col pubblico (il chitarrista scherza e fa battute), sarà forse anche per le urla del cantante, ma finalmente si può dire che si ricomincia a sentire qualcosa di realmente coinvolgente e non troppo sperimentale. Un concerto che si fa apprezzare sia per capacità tecniche che per la bontà di qualche brano. Sarà anche un side project, ma i Tannhauser sono stati bravi a scaldare il pubblico per il gruppo headliner di quella serata.
Voto: 70.
L’atto finale del Tube Cult è destinato ai MuffX, un gruppo leccese che unisce la musica popolare (sì avete letto bene) con lo stoner rock e anche una bella spazzolata di alternative. E sapete com’è stato quel concerto? Godibile e leggero, nonostante la tipica pesantezza di suoni ostentata dai gruppi stoner possa farlo sembrare un controsenso. Basta vedere le foto: attitudine simpatica e sorridente sul palco, chitarristi e bassista allineati mentre suonano per dare dinamicità, un look spensierato del cantante che sfoggia un cappello e un look non troppo seri e che addirittura mi hanno ricordato Maccio Capatonda (chissà se volontariamente…), e una qualità musicale buona e facile da sentire. Certo, ci sono stati problemi su problemi, come il cantante che ha fermato una canzone perché non funzionava più il microfono e la tastiera caduta, ma non importa: solarità, sorrisi e voglia di rockeggiare e interloquire col pubblico hanno fatto guadagnare punti al concerto dei MuffX che non disdegnano neanche una nota umoristica proponendo una “pizzica” salentina, con i pugliesi presenti al locale che hanno apprezzato. Un concerto bello godibile che ha avuto proprio come punto di forza la dinamicità che spesso in questo Tube Cult Fest è mancata. Se risuonassero da queste parti li verrei a vedere di nuovo: non c’entra nulla con ciò che sento io, ma di fronte a un concerto così ben fatto e a tanta attitudine che non si limita a suonare sul palco, non si può dire di no.
Voto: 77.
Conclusione: Quindi, sotto il velo delle chitarre ribassate e degli effetti, c’è qualcosa da vedere e apprezzare in concerti come questi? La risposta è sì anche se questa edizione del Tube Cult ha alternato gruppi che da live sembravano dei veri e propri rookie ad altri che non limitandosi solo a suonare hanno fatto un ottimo concerto. Lo stoner doom si conferma per quello che è: un genere non da pogata, non sempre facile da sentire da live, e forse anche per cervelli che apprezzano le cose strambe in quanto tali, dove è bandita la convenzionalità. L’edizione del Tube Cult Fest è riuscita, forse è anche stata un po’ dispersiva e sfortunata (rosico ancora perché ho di nuovo perso i doomraiser), ma nondimeno pienamente godibile. All’anno prossimo.
Recensione di Snarl Articolo letto 2677 volte.
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