IL ROCK E' MORTO?: il nuovo libro-intervista di Luca Paisiello
Il Rock è Morto?
Esce oggi il libro-intervista di Luca Paisiello ai protagonisti della musica italiana.
Una delle domande più antipatiche fatte ai musicisti e ciclicamente dibattute dagli appassionati di musica è quella sulla presunta morte del rock che - tutt’oggi in Italia - non sembra passarsela molto bene.
Viviamo in un momento storico in cui il rock sta soffrendo una certa impopolarità e sembra abbia ormai ben poco da dire, sebbene cerchi di evolversi accettando duri compromessi per stare al passo con i tempi.
L’ebook mette in luce lo stato dell’attuale scena rock del nostro Paese raccontato da musicisti, giornalisti, etichette discografiche, agenzie di stampa, promoter, organizzatori di festival.
Luca Paisiello ha intervistato artisti che ancora oggi salgono sul palco ad intrattenere il proprio pubblico, tra questi molti come gli Afterhours, i Tre Allegri Ragazzi Morti, i Rats e i Verdena sono finiti dritti in classifica grazie al successo ottenuto con i loro dischi, altri come i Ritmo Tribale o i Timoria si son dovuti fermare dopo anni di concerti compiendo altre scelte, e dietro troviamo tante band sconosciute che propongono nelle nostre città buona musica, ma che fanno tanto fatica ad emergere.
In questo quadro quasi apocalittico, artisti, redattori e addetti ai lavori del comparto musicale riflettono su come gli italiani abbiano accolto il rock in una nazione da sempre legata a Sanremo e alla canzone d’autore. Luca Paisiello ci accompagna in un dialogo intimo con diversi personaggi che gravitano sulla scena rock italiana: loro l’hanno vista nascere, crescere e di certo non intendono vederla morire.
GUIDA ALL’EBOOK “IL ROCK E’ MORTO?”
La prefazione del libro è curata da Briegel, storico membro dei Ritmo Tribale, che ha prestato il suo basso anche ai Rats, Francesco Renga e Paolo Martella, collaborando a progetti musicali con i supergruppi Megajam 5 e NoGuru e che oggi continua a lavorare nell’ambiente musicale da professionista come avvocato specializzato nel Diritto d’Autore.
Dopo il ricordo di diversi artisti e addetti ai lavori su come hanno iniziato ad appassionarsi alla musica, sono Stefano Ricetti di TrueMetal e Francesco Pascoletti di Classix Rock a fare una panoramica sugli albori del rock italiano, con il contributo di Xabier Iriondo, chitarrista degli Afterhours, e Federico Guglielmi, storico giornalista delle più influenti realtà editoriali, a sintetizzare l’arrivo della musica rock nel nostro Paese.
Si passa poi ad analizzare il periodo più popolare del rock italiano esploso negli anni 90, con interviste a quei musicisti che proprio in quegli anni hanno riscosso una certa popolarità finendo in classifica e in TV. C’è la voce di Wilko, fondatore dei Rats; quella del già citato Xabier degli Afterhours; il batterista Gigi Cavalli Cocchi che ha fatto parte delle band di Ligabue, ClanDestino e CSI. Finendo per sentire anche l’opinione di realtà alternative come Paolo Martella, voce del gruppo funky rock dei Quartiere Latino, i Fluxus, alfieri di un sonic rock tutto italiano diventato di culto, e il folk rock degli Yo Yo Mundi, oltre a Giorgio Canali e Alberto Ferrari dei Verdena, intervistati dall’autore in occasione dell’uscita dei loro rispettivi album. Questi artisti raccontano i loro esordi, quando c’era una grossa attenzione da parte delle case discografiche verso quel sottobosco di cantine ribollenti, riportando qualche aneddoto e il proprio punto di vista sul rock italiano, a distanza di tre decenni da quel periodo così prolifico.
Proprio Giorgio Canali ripropone canzoni che lui definisce delle “perle per porci” e questo dà all’autore del libro lo spunto per andare a scoprire realtà meno conosciute che da anni passano il tempo tra sale prove sgangherate e piccoli pub che faticano ad accoglierli sul palco.
E’ “il grido disperato di mille bands”, un campione di gruppi emergenti che spiega ai lettori quanto sia difficile attirare l’attenzione del pubblico e delle case discografiche. Emergono storie incredibili, di artisti stimati anche all’estero che si ritrovano le porte sbattute in faccia a casa propria, di presunti promoter e pseudo-etichette buone solo a farsi pagare per un minimo di servizio, abbandonando scatole di dischi negli scantinati. Ma anche di produttori che credono nel progetto di questi musicisti emergenti, che li accompagnano in un percorso che qualche volta riesce a giungere a destinazione.
Nadar Solo, Eva Mon Amour e Albedo sono l’esempio di quei gruppi che riescono finalmente ad emergere dalle cantine, arrivando a pubblicare tre-quattro dischi, impegnandosi per anni in massacranti ed appaganti tournee per il Paese fino ad ottenere riconoscimenti importanti sulle riviste di settore e qualche prestigioso Premio artistico.
Molti sono gli addetti ai lavori che hanno dato il contributo a questo libro, a partire da Fleisch Agency, nel cui roster ci sono artisti come Afterhours, Pierpaolo Capovilla, Roy Paci, Colapesce, fino all’esperienza internazionale di Ultra PR con band hard rock di successo, promuovendo Vasco, Ligabue, i Negrita, o Prom-O-Rama che ha collaborato con Sonic Youth, Moltheni, Zen Circus, Fast Animals and Slow Kids. Curiosa la storia di Matteo Dicembrio che dopo essersi inventato promoter per la propria band, oggi organizza i tour per conto di Locusta e per la sua agenzia di booking, Vertigo. E poi l’intervento di alcune realtà discografiche nate da esperienze sul palco, come la Tempesta Dischi dei Tre Allegri Ragazzi Morti e Prismopaco di Diego Galeri dei disciolti Timoria, che danno spazio a tutta una filiera indipendente di rilievo.
Non potevano mancare gli organizzatori dei festival, da grosse realtà come i torinesi Flowers e TOdays, al tradizionale FestaReggio, fino alle piccole cittadine come Tavagnasco o Sesto al Reghena capaci di trascinare artisti di grande livello in questi piccoli borghi italiani, che narrano le difficoltà di intraprendere manifestazioni che durino nel tempo.
Insieme a Giordano Sangiorgi, Enrico Deregibus, Federico Guglielmi, Stefano Solventi, Massimo Garofalo e diversi direttori e redattori di riviste come Rockol, Rockit, Mucchio Selvaggio, SentireAscoltare, Spazio Rock, Rockshock, Rockon si è discusso dell’influenza del giornalismo musicale italiano, delle sue problematiche, di come il digitale ha cambiato il mondo della comunicazione, del perché si sceglie di recensire un disco anziché un altro.
Si arriva così ai capitoli finali in cui il rock italiano viene messo al microscopio e dove ognuno degli intervistati risponde alla fatidica domanda che intitola questo libro scritto da Luca Paisiello, che tra una recensione e l’altra sulle pagine di Rockshock ha raccolto i pareri di quanti con la musica italiana continuano ad averci a che fare con grande passione.
Edito da Rockshock Edizioni, “Il Rock è Morto?” di Luca Paisiello è in vendita da oggi su Amazon e nelle principali librerie digitali nei formati pub e mobi e € 4,99.
Esce oggi il libro-intervista di Luca Paisiello ai protagonisti della musica italiana.
Una delle domande più antipatiche fatte ai musicisti e ciclicamente dibattute dagli appassionati di musica è quella sulla presunta morte del rock che - tutt’oggi in Italia - non sembra passarsela molto bene.
Viviamo in un momento storico in cui il rock sta soffrendo una certa impopolarità e sembra abbia ormai ben poco da dire, sebbene cerchi di evolversi accettando duri compromessi per stare al passo con i tempi.
L’ebook mette in luce lo stato dell’attuale scena rock del nostro Paese raccontato da musicisti, giornalisti, etichette discografiche, agenzie di stampa, promoter, organizzatori di festival.
Luca Paisiello ha intervistato artisti che ancora oggi salgono sul palco ad intrattenere il proprio pubblico, tra questi molti come gli Afterhours, i Tre Allegri Ragazzi Morti, i Rats e i Verdena sono finiti dritti in classifica grazie al successo ottenuto con i loro dischi, altri come i Ritmo Tribale o i Timoria si son dovuti fermare dopo anni di concerti compiendo altre scelte, e dietro troviamo tante band sconosciute che propongono nelle nostre città buona musica, ma che fanno tanto fatica ad emergere.
In questo quadro quasi apocalittico, artisti, redattori e addetti ai lavori del comparto musicale riflettono su come gli italiani abbiano accolto il rock in una nazione da sempre legata a Sanremo e alla canzone d’autore. Luca Paisiello ci accompagna in un dialogo intimo con diversi personaggi che gravitano sulla scena rock italiana: loro l’hanno vista nascere, crescere e di certo non intendono vederla morire.
GUIDA ALL’EBOOK “IL ROCK E’ MORTO?”
La prefazione del libro è curata da Briegel, storico membro dei Ritmo Tribale, che ha prestato il suo basso anche ai Rats, Francesco Renga e Paolo Martella, collaborando a progetti musicali con i supergruppi Megajam 5 e NoGuru e che oggi continua a lavorare nell’ambiente musicale da professionista come avvocato specializzato nel Diritto d’Autore.
Dopo il ricordo di diversi artisti e addetti ai lavori su come hanno iniziato ad appassionarsi alla musica, sono Stefano Ricetti di TrueMetal e Francesco Pascoletti di Classix Rock a fare una panoramica sugli albori del rock italiano, con il contributo di Xabier Iriondo, chitarrista degli Afterhours, e Federico Guglielmi, storico giornalista delle più influenti realtà editoriali, a sintetizzare l’arrivo della musica rock nel nostro Paese.
Si passa poi ad analizzare il periodo più popolare del rock italiano esploso negli anni 90, con interviste a quei musicisti che proprio in quegli anni hanno riscosso una certa popolarità finendo in classifica e in TV. C’è la voce di Wilko, fondatore dei Rats; quella del già citato Xabier degli Afterhours; il batterista Gigi Cavalli Cocchi che ha fatto parte delle band di Ligabue, ClanDestino e CSI. Finendo per sentire anche l’opinione di realtà alternative come Paolo Martella, voce del gruppo funky rock dei Quartiere Latino, i Fluxus, alfieri di un sonic rock tutto italiano diventato di culto, e il folk rock degli Yo Yo Mundi, oltre a Giorgio Canali e Alberto Ferrari dei Verdena, intervistati dall’autore in occasione dell’uscita dei loro rispettivi album. Questi artisti raccontano i loro esordi, quando c’era una grossa attenzione da parte delle case discografiche verso quel sottobosco di cantine ribollenti, riportando qualche aneddoto e il proprio punto di vista sul rock italiano, a distanza di tre decenni da quel periodo così prolifico.
Proprio Giorgio Canali ripropone canzoni che lui definisce delle “perle per porci” e questo dà all’autore del libro lo spunto per andare a scoprire realtà meno conosciute che da anni passano il tempo tra sale prove sgangherate e piccoli pub che faticano ad accoglierli sul palco.
E’ “il grido disperato di mille bands”, un campione di gruppi emergenti che spiega ai lettori quanto sia difficile attirare l’attenzione del pubblico e delle case discografiche. Emergono storie incredibili, di artisti stimati anche all’estero che si ritrovano le porte sbattute in faccia a casa propria, di presunti promoter e pseudo-etichette buone solo a farsi pagare per un minimo di servizio, abbandonando scatole di dischi negli scantinati. Ma anche di produttori che credono nel progetto di questi musicisti emergenti, che li accompagnano in un percorso che qualche volta riesce a giungere a destinazione.
Nadar Solo, Eva Mon Amour e Albedo sono l’esempio di quei gruppi che riescono finalmente ad emergere dalle cantine, arrivando a pubblicare tre-quattro dischi, impegnandosi per anni in massacranti ed appaganti tournee per il Paese fino ad ottenere riconoscimenti importanti sulle riviste di settore e qualche prestigioso Premio artistico.
Molti sono gli addetti ai lavori che hanno dato il contributo a questo libro, a partire da Fleisch Agency, nel cui roster ci sono artisti come Afterhours, Pierpaolo Capovilla, Roy Paci, Colapesce, fino all’esperienza internazionale di Ultra PR con band hard rock di successo, promuovendo Vasco, Ligabue, i Negrita, o Prom-O-Rama che ha collaborato con Sonic Youth, Moltheni, Zen Circus, Fast Animals and Slow Kids. Curiosa la storia di Matteo Dicembrio che dopo essersi inventato promoter per la propria band, oggi organizza i tour per conto di Locusta e per la sua agenzia di booking, Vertigo. E poi l’intervento di alcune realtà discografiche nate da esperienze sul palco, come la Tempesta Dischi dei Tre Allegri Ragazzi Morti e Prismopaco di Diego Galeri dei disciolti Timoria, che danno spazio a tutta una filiera indipendente di rilievo.
Non potevano mancare gli organizzatori dei festival, da grosse realtà come i torinesi Flowers e TOdays, al tradizionale FestaReggio, fino alle piccole cittadine come Tavagnasco o Sesto al Reghena capaci di trascinare artisti di grande livello in questi piccoli borghi italiani, che narrano le difficoltà di intraprendere manifestazioni che durino nel tempo.
Insieme a Giordano Sangiorgi, Enrico Deregibus, Federico Guglielmi, Stefano Solventi, Massimo Garofalo e diversi direttori e redattori di riviste come Rockol, Rockit, Mucchio Selvaggio, SentireAscoltare, Spazio Rock, Rockshock, Rockon si è discusso dell’influenza del giornalismo musicale italiano, delle sue problematiche, di come il digitale ha cambiato il mondo della comunicazione, del perché si sceglie di recensire un disco anziché un altro.
Si arriva così ai capitoli finali in cui il rock italiano viene messo al microscopio e dove ognuno degli intervistati risponde alla fatidica domanda che intitola questo libro scritto da Luca Paisiello, che tra una recensione e l’altra sulle pagine di Rockshock ha raccolto i pareri di quanti con la musica italiana continuano ad averci a che fare con grande passione.
Edito da Rockshock Edizioni, “Il Rock è Morto?” di Luca Paisiello è in vendita da oggi su Amazon e nelle principali librerie digitali nei formati pub e mobi e € 4,99.
Inserita da: Jerico il 01.12.2017 - Letture: 1345
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