Bloodshed Walhalla «Glory To The Sacred Land» (2023)
Recensione
Per chi non conoscesse Mario Di Pede, classe '75, nativo di Matera, bisogna dire che è un poliedrico polistrumentista che iniziò giovanissimo a suonare la chitarra coi Celebral Distortion, band death metal dei primi anni novanta, che certamente i più vecchi (maturi) metallari ricordano, e nel 2006 cominciò un percorso di devozione completa al viking metal con particolare riferimento, direi quasi maniacale, al buon Quorthon e agli immortali Bathory, con i suoi Bloodsheed Walhalla.
Sconvolto dalla morte improvvisa nel 2004 del geniale inventore del genere viking-metal, Drakhen, questo il nome d'arte di Mario, in 16 anni con la sua one-man-band ha composto ben sei album (di cui uno totale di tributo ai Bathory nel 2017) e due EP oltre ai demo iniziali.
Nel 2023 esce questo settimo sigillo discografico "Glory to the Sacred Land", che non si discosta assolutamente dallo stile sempre proposto dal nostro piccolo genio, perché comunque è una strada di convinzione mossa da profonda passione e forse anche dallo spirito guida dello stesso Quorthon.
In questo nuovo lavoro comunque c'è una nota maggiore di melodia e folk-sound, a volte fin troppo pomposo, rispetto ai precedenti lavori. Non c'è infatti il riferimento ai Bathory di Blood Fire Death o Hammerheart come magari nei primi lavori , cito ad esempio il superlativo "Legends of a Viking" e "The Battle Will Never End" , album in cui anche le parti vocali erano più crude.
Già dall'album "Thor" del 2017 le orchestrazioni avevano cominciato ad essere più presenti, qui in "Glory to the Sacred Land" sono proprio protagoniste e spingono i pezzi verso l' epicità più assoluta.
Sono 6 tracce lunghe che superano i 60 minuti, di cui ho apprezzato molto la seconda traccia, la titletrack, e la successiva "A Star For My Victory", mi sono piaciute meno invece le tracce col testo in italiano, non che sia contrario alla lingua madre nel metal (ci sono ormai molte band che utilizzano molto bene la lingua italiana nei testi) ma la metrica in questo caso non mi convince appieno. Bella la cadenzata ultima song "Rise and Fight, Glory and Victory, sempre arricchita da cori e tastiere eteree.
Questo disco si fa sicuramente amare dai più fedeli amanti del genere, certamente non pecca di originalità, perché è un chiaro e voluto tributo, e non c'è altro da aggiungere se non fare sempre i complimenti ad artisti veri come Drakhen.
Long Life to Warriors of Metal
Track by Track
- Fly My Raven 65
- Glory To The Sacred Land 70
- A Star For My Victory 65
- Non Sei Tu 50
- Il Lago 55
- Rise And Fight, Glory And Victory 70
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 60
- Originalità: 50
- Tecnica: 75
Giudizio Finale
62Recensione di Varoots 72 » pubblicata il 28.01.2024. Articolo letto 388 volte.
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