Canaan «Images From a Broken Self» (2018)
Recensione
L’oscurità, la malinconia e l’annesso contesto ambient è in sostanza la tematica centrale che caratterizza questo nuovo disco dei nostrani Canaan intitolato “Images From A Broken Self”, un disco che incentra tutto il suo potenziale su musiche desolanti e spettrali che si lasciano andare in un infinito senza ritorno. Rispetto alla precedente uscita il lavoro, a detta di chi scrive, pare maggiormente maturo, ed offre un quadro compositivo più profondo e personalizzato. Nel corso della pacatezza assoluta del disco, il clean si esprime al meglio talvolta con sottofondi quasi di matrice epica ma anche su contesti sonori molto delicati che non vanno mai ad intaccare lo spirito di oscurità che caratterizza l’album. Astrattezza, mistero, oscurità tramutate in note e rumori di sottofondo, generano sconforto e delirio ulteriormente avvalorati anche dal lavoro di un clean sempre al di sopra delle righe ma perfettamente calato nel ruolo. I brani della loro oscura propensione, offrono anche tematiche delicate e toccanti come nel caso di “The Story Of Simply man” il cui titolo lascia sin da subito immaginare lo script del testo imperniato in successive dimensioni sonore, quasi industrial, che lasciano disperdere l’ascoltatore nei meandri dei più remoti ed oscuri luoghi. L’apertura delicata di “Word On Glass” si rivela totalmente pacata, quasi fuori luogo ma indubbiamente interessante per le ambientazioni sonore realizzate; “Hint On The Cruelty Of Time” dimostra la più totale oscurità che caratterizza il sound della band; ma ancora “I Stand And Stare”, sembra un brano quasi più cosmico a causa dell’utilizzo di particolarissimi effetti sempre di una certa portata e mai generici; anche “Of The Sickness and Rejection” e la più melodrammatica “The Dust Of Time” ricordano momenti maggiormente profondi più che nella struttura del brano soprattutto nella tematica trattata; molto particolare, dall’apertura tipicamente dark, è “A Tired Sentry” dove il tutto si incentra su una moderatissima melodia accompagnata da un più che buona proposta clean; la conclusiva “Through Forging Lines” rappresenta un’ennesima prova stilistica più che altro improntata sul buon effetto del clean. Un disco molto diretto che interpreta la corrente del dark metal in maniera ristretta dando il necessario spazio al sound amplificandolo con una più che buona prova cantata.
Track by Track
- My Deserted Place 65
- The Story of a Simple Man 60
- Words on Glass 65
- Hint on the Cruelty of Time 60
- I Stand and Stare 60
- Of Sickness and Rejection 65
- The Dust of Time 70
- Adversaries 65
- That Day 60
- A Tired Sentry 65
- Worms 65
- Through Forging Lines 65
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 70
- Qualità Artwork: 65
- Originalità: 70
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
64Recensione di Wolverine » pubblicata il 21.07.2018. Articolo letto 1877 volte.
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