Dormin «To Foreign Skies» (2015)
Recensione
Seconda prova per i nostrani Dormin che ci presentano il loro “To Foreign Skies” dividendo il tutto in tre diversi capitoli per un totale di dodici tracce e proponendo nel contempo un Death Doomgaze Metal. Musicalmente il gruppo è alla ricerca di un sound personale che spazia tra sonorità che vanno dal tenebroso per alcuni casi ad atmosfere prevalentemente pacate e luminose; la particolarità che può o meno essere apprezzata o se vogliamo anche la perplessità ravvisata dall’ascoltatore è rappresentata dallo sdoppiamento canoro che viene adottato nei brani che sinceramente lascia un po’ il tempo che trova; a meno che questa tipologia adottata non voglia in qualche modo rispecchiare l’alternanza tra la luminosità del mondo terreste con l’oscurità delle tenebre e quindi il perenne conflitto tra il bene e il male. In ogni caso le parti cantate in growl sono accattivanti mentre tendono un po’ a far calare la tensione e l’energia quelle proposte in clean che non rispecchiano propriamente anche quella parte di genere “Death” che, almeno parzialmente, dovrebbe descrive lo stile di questa band; sembra trovarsi più che altro di fronte ad un lavoro in chiave post rock con venature doom/sludge. I brani proposti sono alquanto lunghi ma musicalmente ben strutturati salvo alcuni casi. Il brano d’apertura è “Distance” che parte con un sound schietto accompagnato da un motivo musicale che, tutto sommato, non dispiace grazie all’intervento apportato dal growl; “Statis” ci offre un altro passaggio ben congeniato dove la ritmica cambia dal distorto all’accompagnamento in acustico alternandosi sino alla fine del brano; è poi la volta di “Lavanda” dall’intro acustico molto bello quasi sensuale che dura quasi la metà del brano poi invaso dai distorti e dal cantato in clean effettato un po’rock anni ’80; “The rose anche the Wind Walker” con un intro in pianoforte poi invaso dai distorti sempre puliti ma mai violenti che offrono un andamento pacato e rilassante dove anche in questo caso il cantato clean si alterna con il possente growl che va a spegnersi con un arpeggio acustico e il cinguettio degli uccelli poi ripreso nuovamente dal sound distorto che chiude alla fine con un temporale; “A warm Place” un brano strumentale in synth chiude il primo dei tre capitoli predetti. Il secondo capitolo parte con “Neon” dall’ intro metal, quasi più spinto rispetto ai brani precedenti, cantato in un clean ribelle, lascia musicalmente una buona impressione considerando la diversità di andature che emergono dal sound; “Never Again” brano energico dove l’apporto maggiore deriva dal cantato, non in growl, proposto sempre in maniera arrabbiata, le andature sono pacate e nello stesso tempo irruenti, si ravvisa una sorta di brano sperimentale; “Liar” invece offre delle andature in un Metal questa volta quasi Death che piace e convince maggiormente rispetto ad alcuni precedenti brani e dove c’è come special guest Bjorn Strid dei Soilwork; a seguire un brano strumentale “A Cloud of Echo” ben arrangiato in modalità shoegaze che piace. Tra i rimanenti brani merita accennare “The Foreign Skies” breissimo brano strumentale che introduce al terzo e ultimo capitolo del lavoro dove è presente anche la cover conclusiva dei Dark Tranquillity intitolata “Therion” ottimamente eseguito; un lavoro molto particolare che spazia dal soft al movimentato, dove l’apporto musicale è senz’altro ben realizzato anche se appartiene ad un genere pregno di influenze che finisce, inevitabilmente, a causa del forte contrasto tra le due tonalità canore, a non poter essere classificato come avrebbe dovuto.
Track by Track
- Distance 60
- Stasis 60
- Lavanda 55
- The Rose and the Wind Walker 65
- A Warm Place 55
- Neon 70
- Never Again 60
- Liar 75
- A Cloud of Echo 60
- Hollow Sun 60
- The Foreign Skies 70
- Therein 80
Giudizio Confezione
- Qualità Audio: 75
- Qualità Artwork: 75
- Originalità: 65
- Tecnica: 65
Giudizio Finale
66Recensione di Wolverine » pubblicata il 25.05.2015. Articolo letto 1968 volte.
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